L’opinione pubblica in Europa si divide nuovamente sulla tematica del nucleare. La Germania dice addio alle ultime tre centrali attive nel Paese, in Baviera, nella Bassa Sassonia ed a Baden-Württemberg. Solo un anno fa, queste ultime avevano permesso alla nazione tedesca di produrre circa il 6% dell’energia elettrica locale. Nonostante ciò, il governo aveva deciso di chiudere definitivamente le strutture entro la fine del 2022, una mossa slittata ad aprile a causa della situazione di emergenza venutasi a creare in seguito al conflitto russo ucraino.
La notizia è stata accolta con favore da buona parte della popolazione tedesca, contraria al nucleare, soprattutto a causa del devastante impatto avrebbe potuto avere sull’ambiente in caso di disastro. Se la chiusura delle tre strutture si è consumata entro un’unica giornata, molto più lunghi saranno i lavori di smantellamento, che probabilmente richiederanno anni. Termina così la storia tra il nucleare ed uno dei giganti dell’Unione Europea.
Nel vecchio continenti, dunque, leader indiscussa in questo settore resta la Francia, che ogni anno produce circa il 70% della propria energia tramite i suoi reattori. A livello internazionale, invece, Il primo posto per quantità di produzione di energia nucleare è occupato dagli Stati Uniti, che, con i loro 96 reattori attivi, generano 789,919 GWh, ovvero circa il 30% della produzione globale. Rispetto a ciò che sta accadendo nella maggior parte degli stati europei, il trend riguardante il nucleare negli USA va in una direzione quasi del tutto opposta.
La Nuclear Innovation Alliance, infatti, vorrebbe addirittura raddoppiare, entro il 2050, la produzione di questo particolare tipo di energia all’interno del Paese. Secondo gli esperti, infatti, in questo modo sarebbe possibile generare una energia del tutto pulita, riducendo definitivamente le emissioni da combustibili fossili. Secondo i tecnici della NIA tutto ciò sarà possibile solo con la costruzione di almeno 100 GW di nuovi reattori. Mentre al di là dell’Oceano, dunque, il nucleare torna più che mai di moda, nella vecchia Europa occidentale, con la sola esclusione della Francia e di poche altre nazioni, questo tipo di fonte energetica continua a spaventare i governi e l’opinione pubblica.
Particolarmente curioso è il caso italiano: il Paese, infatti, ha detto addio al nucleare già diversi anni fa, più precisamente nel 1987, nonostante ancora oggi sia tra le prime nazioni dell’UE per consumi ed importazioni di energia. Eppure, sebbene sia trascorso tutto questo tempo dalla chiusura delle ultime centrali del Belpaese, i ricercatori italiani del settore restano tra i migliori in Europa e nel mondo, con quasi tremila pubblicazioni dal 2016 ad oggi. «Un risultato non da poco», aveva spiegato alcuni mesi fa Claudio Colaiacomo, presidente di Elsevier, casa editrice delle più importanti riviste scientifiche, «considerando soprattutto che Francia, Germania ed Italia coprono più del 60% delle pubblicazioni dell’Unione Europea».