Non ci si crede eppure è così. In Italia si discute del presidente della Provincia di Trento che vuole abbattere un orso e del Tar che gli dice no (meno male o purtroppo a seconda degli schieramenti social cui si appartiene). Nel frattempo la grande storia che offre la politica è l’ennesimo litigio tra Renzi e Calenda che danno il meglio di loro per distruggere da soli nella culla lo sfortunato micro partito nel quale non avevano mai creduto (con evidente imbarazzo dei notisti politici di molti giornali che non avevano mai smesso di assicurarci dello straordinario talento e fiuto, almeno di uno dei due). Non parliamo del capo del governo (capa non si dice quindi non ci esponiamo a recriminazioni di sorta) che ogni giorno inventa cose (anche una missione diplomatica in Etiopia, unica ex-colonia del fu impero) pur di non affrontare il problema dei problemi, l’evidente inadeguatezza al compito di molti, troppi forse, dei suoi ministri. E nulla riusciamo a dire dell’opposizione semplicemente perché in attesa, finora non pervenuta, di una qualche forma di discorso che lasci traccia. Direte voi é il segno dei tempi, il declino di quelle passioni tristi legate al logoramento ineluttabile delle democrazie e dell’Occidente. Sarà però c’è qualcosa che non torna e basta guardarsi intorno.
In Francia da settimane scendono in strada a migliaia per dire no a una riforma delle pensioni che non vogliono. In Israele riempiono le piazze per protestare contro una riforma della giustizia che giudicano un pericolo mortale per il loro futuro. Obiettivi diversi, temi distanti certo ma un tratto in comune hanno questi due paesi che consideriamo amici e alleati: la difesa di un sistema di valori che prevede al centro la libertà di esprimersi, di dare battaglia per le proprie idee, di mobilitarsi a lungo e a costo di pagare prezzi anche alti, come il rischio di violenze non controllate. Bene tutto questo oggi in Italia non c’è, riusciamo a fare titolo su duecento sbandati sedicenti anarchici perché non c’è altro da raccontare. Da quanto tempo non si riempie piazza San Giovanni come si deve, e soprattutto, chi potrebbe riempirla oggi?
Qualche giorno fa ero rinchiuso in un piccolo cinema di Roma il Farnese a vedere un documentario sui tragici anni settanta e sulla storia drammatica di Carlo Rivolta, giornalista simbolo di una passione politica affondata nell’inferno dell’eroina. In sala eravamo in cinquanta (obiettivamente un successo per il piccolo film), capelli bianchi e occhi stanchi, a vedere le immagini di cortei e occupazioni finite nel nulla ma che pure c’erano state. Fuori dal cinema non vi racconto Campo dei fiori come é oggi ma di sicuro resta la domanda: perché questo paese non trova più una ragione per appassionarsi a qualcosa, per sbagliare magari ma dopo averlo fatto insieme, spalla contro spalla, correndo discutendo cantando come si fa quando si è giovani.
Tra qualche giorno é il venticinque aprile, potrebbe essere la prossima occasione. Da sprecare o da fare nostra. Altrimenti bisognerà aspettare maggio per riempire il Circo Massimo confidando nell’unico vero mito rimasto in circolazione. Sempre che non sia stanco pure lui, il boss.