Non accenna a diminuire la tensione in Estremo Oriente. Al contrario, aumenta esponenzialmente a seguito dell’annuncio cinese della chiusura dello spazio aereo a nord di Taiwan – previsto per domenica mattina.
Inizialmente, le autorità di Pechino avevano notificato a Taipei e altre nazioni asiatiche di una no-fly zone della durata di tre giorni – dal 16 al 18 aprile – relativa a un’area di 85 miglia nautiche (157 km) a nord di Formosa. Tanto la geografia quanto l’insolitamente lunga durata del blocco avevano evocato lo spauracchio di un’imminente azione militare del Dragone contro la sua “provincia ribelle”.
Su pressing taiwanese, tuttavia, la durata temporale è stata rettificata e ristretta a una manciata di minuti, ossia dalle dalle 9.30 alle 9.57 di domenica 16 – nelle stesse ore in cui a a Nagano, in Giappone, è peraltro previsto l’incontro dei ministri degli Esteri del G-7. Se fossero state confermate le modalità iniziali della no-fly zone, a venire stravolto non sarebbe solo l’itinerario delle decine di voli commerciali che transitano ogni giorno nell’area interessata, ma anche quello del segretario di Stato USA Antony Blinken, che questo fine settimana è atteso proprio in Giappone e in Vietnam.
La Corea del Sud, anch’essa informata della chiusura dei cieli, sostiene che la decisione cinese sia stata motivata da scopi “tecnici”, ovverosia dalla caduta di un oggetto da un veicolo di lancio satellitare. Quest’ultima indiscrezione non è però stata confermata dalle autorità cinesi.

Lo spazio aereo a nord-est di Formosa che verrà chiuso da Pechino comprende una porzione di cielo che copre una serie di isole contese da Giappone e Cina – note come “Diaoyu” da Pechino e “Senkaku” da Tokyo. Si tratta di una zona vicina, tra l’altro, alle rotte utilizzate da numerosi aerei commerciali in volo tra Taiwan, Corea del Sud e Cina.
La decisione iniziale di imporre una no-fly zone di più giorni è stata interpretata come una significativa escalation delle ostilità tra Pechino e Taipei. La Cina ha infatti recentemente concluso una tre-giorni di intense esercitazioni militari intorno a Formosa come ritorsione per l’incontro tra la presidente taiwanese Tsai Ing-wen e il presidente della Camera USA Kevin McCarthy, avvenuto la scorsa settimana in California. Pechino ha descritto le esercitazioni come “un serio avvertimento contro la collusione delle forze separatiste di Taiwan con forze esterne e una mossa necessaria per difendere la sovranità nazionale e l’integrità territoriale”.

Concluse quelle vicine a Taiwan, le truppe di Pechino riprenderanno a breve le esercitazioni – stavolta nelle acque vicine al confine con il Vietnam, nel Golfo di Beibu. Nelle scorse ore il presidente cinese Xi Jinping ha inoltre fatto appello alle sue forze armate perché “rafforzino l’addestramento in direzione di combattimenti veri”.
Secondo l”intelligence USA, il segretario del PCC avrebbe ordinato ai militari di essere pronti all’invasione di Taiwan per il 2027 – il che metterebbe Washington nella posizione di dover intervenire per difendere l’alleato, scatenando potenzialmente un conflitto globale.
Le manovre di Pechino, con simulazioni di attacchi di precisione, sono state condannate con forza anche dal Governo dell’isola. Il ministro degli Esteri Joseph Wus sostiene che l’aumento delle tensioni con Pechino renda necessario al Paese di “prepararsi” a una guerra che – per molti – ormai sembra inevitabile.