Il diritto delle donne di scegliere sulla propria maternità torna ad infuocare il panorama politico americano.
Due giudici federali hanno emesso due decisioni sull’aborto catapultando il verdetto finale nuovamente davanti alla Corte Suprema che già si è espressa lo scorso anno con la controversa sentenza Dobbs v. Jackson, con cui ha deciso che l’interruzione della gravidanza non è sancito dalle regole federali e che spetta ai singoli Stati varare leggi per disciplinare la normativa fino a vietarlo del tutto. Finora il Congresso non ha avuto la forza per far passare una legge federale che sancisca il diritto dell’aborto nascondendosi per oltre mezzo secolo dietro una sentenza, quella di Roe vs Wade, che sanciva la privacy personale.
Al centro della controversia i medicinali Mifepristone e Misoprostol, pillole comunemente conosciute come RU-486, due farmaci approvati più di 20 anni fa dalla Federal Drug Administration, l’agenzia federale che ha lo scopo di proteggere la salute pubblica garantendo la sicurezza e l’efficacia dei medicinali. Due pillole che servono per interrompere la maternità la cui vendita è stata bloccata dal magistrato federale Mattew Kacsmaryk, nominato da Trump, della corte federale di Amarillo, in Texas che nella sua decisione di 67 pagine contesta l’autorità della FDA per approvare questi medicinali. La FDA ha trascorso quattro anni a rivedere il Mifepristone prima che fosse approvato nel 2000.
Il giudice ha anche affermato che la FDA non ha considerato gli “effetti psicologici” del Mifepristone e il suo record di sicurezza.
La sentenza non entrerà in vigore prima di sette giorni per consentire al governo di presentare ricorso. Il Dipartimento di Giustizia ha confermato che avrebbe impugnato la sentenza. Alliance Defending Freedom, il gruppo evangelico cristiano conservatore che rappresentava i querelanti nella causa, ha definito la sentenza del giudice Kacsmaryk “una vittoria significativa” per donne e medici.
Il risultato di questa decisione della magistratura, che senza nessuna prova mette in discussione l’autorità di un ente federale preposto alla sicurezza dei prodotti farmaceutici, mette in evidenza l’interpretazione politica personale del giudice sul medicinale. Una decisione in contrasto con il principio fondamentale della democrazia in merito alla separazione dei poteri.
Un’ora dopo che il giudice texano aveva presentato la sua decisione, il giudice Thomas O. Rice, della corte federale di Washington DC, ha deciso in via preliminare che il Mifepristone deve restare disponibile sul mercato in almeno 12 stati democratici, quelli che hanno promosso una azione legale per il suo mantenimento.

Da parte sua, il presidente Joe Biden ha annunciato l’intenzione di “combattere” la decisione del giudice Kacsmaryk, definendola un “tentativo senza precedenti di privare le donne delle libertà fondamentali”. Biden, in una dichiarazione rilasciata dalla Casa Bianca, ha annunciato che “la mia amministrazione si opporrà a questa decisione”.
Jack Resneck Jr., presidente dell’American Medical Association (Ama), la più grande associazione medica degli Stati Uniti afferma che “la sentenza del giudice texano minaccia di impedire l’accesso a un farmaco sicuro ed efficace che è stato utilizzato da milioni di persone per più di 20 anni. Il disprezzo della corte per fatti scientifici ben consolidati a favore di accuse speculative e asserzioni ideologiche causerà danni ai nostri pazienti e minerà la salute della nazione”.
“Rifiutando fatti medici, il tribunale si è intromesso ed è intervenuto nelle decisioni che spettano ai pazienti e ai medici”. Tutto questo, prosegue il presidente dell’Ama “mina anche decisioni informate, erode la fiducia nelle istituzioni, esacerba le divisioni sociali e mette a rischio la salute individuale e collettiva”. Ma il presidente dell’associazione medica guarda anche oltre e sottolinea un ulteriore problema che si pone ora: “Questa decisione introduce il pericolo straordinario e senza precedenti che i tribunali ribaltino le decisioni normative sui farmaci approvati dalla Food and Drug Administration”.
“Ciò va contro il processo scientifico stabilito che porta a tali decisioni e mette altri farmaci a rischio di essere soggetti a tentativi simili – avverte Resneck Jr. – Sostituire le opinioni dei singoli giudici e tribunali all’ampia revisione scientifica basata sull’evidenza dell’efficacia e della sicurezza attraverso processi consolidati della Fda è sconsiderato e pericoloso. Abbiamo anche assistito agli sforzi dei legislatori statali per limitare l’accesso a questo farmaco: riteniamo che le normative della Fda dovrebbero sostituire la legge statale per evitare le ripetizioni e le interpretazioni delle regole”.
Anche l’Acog, American College of Obstetricians and Gynecologists condanna il tentativo della magistratura di bloccare senza nessuna prova concreta della sua pericolosità la vendita di Mifepristone. Il presidente di questa associazione, Iffath Abbasi Hoskins e la Chief Executive Officeer, Maureen G. Phipps in una nota affermano che “Ribaltare l’approvazione della Fda per il mifepristone è una grave interferenza legale. Una decisione che tradisce il pregiudizio che ha informato la sua retorica, deliberatamente ignora decenni di dati scientifici basati sull’evidenza ed evita un linguaggio clinicamente appropriato sul mifepristone, un farmaco utilizzato sia per l’aborto che per la gestione dell’aborto”. È una pronuncia che “travisa decisamente la cura dell’aborto farmacologico. È provocatoria, distorce la realtà” degli specialisti “che forniscono compassionevolmente assistenza a milioni di pazienti la cui salute e vita sono state influenzate dall’aborto farmacologico”.
Infine i due affermano che “La causa che ha portato a questa decisione non è stata intentata per proteggere la salute e il benessere di coloro che necessitano di aborti farmacologici, ma piuttosto come uno sforzo politicamente motivato per imporre pregiudizi personali e religiosi sulla vita delle persone e sulla decisione di voler o non voler procreare”.