Far “rinsavire” Mosca per mettere fine alla guerra in Ucraina.
È quello che il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto al suo omologo cinese Xi Jinping nel suo terzo giorno di visita di Stato a Pechino – dove il leader transalpino è arrivato l’altro ieri in compagnia della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen.
Già ribattezzati dalla stampa come “poliziotto buono (Macron) e poliziotto cattivo (Von der Leyen)”, i due si sono prefissati l’ambizioso obiettivo di convincere il principale alleato internazionale della Russia a non appoggiare il Cremlino nei suoi propositi bellici.
Macron ha elogiato la “volontà della Cina di impegnarsi per una tregua”, aggiungendo che il Governo di Xi può svolgere un “ruolo importante” nel determinare un percorso di pace. In una dichiarazione congiunta, Parigi e Pechino hanno inoltre ribadito la necessità che i negoziati di pace tra Kyiv e Mosca si svolgano “il prima possibile”, opponendosi fermamente all’uso di qualsiasi arma nucleare nel conflitto.
Von der Leyen ha invece esortato il Xi a “mettersi in contatto” con Volodymyr Zelenskyy, cosa che il segretario generale comunista si è impegnato a fare “quando le condizioni e il tempo saranno giusti”.
Gli spiragli di trattativa sono stati però prontamente chiusi da Mosca, secondo cui i tempi non sono ancora maturi. “La Cina ha un potenziale di mediazione molto efficace e impressionante, e i recenti successi diplomatici di Pechino lo hanno dimostrato in modo eloquente”, ha affermato giovedì il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov – riferendosi al riavvicinamento tra Arabia Saudita e Iran mediato proprio dal Dragone. “Ma la situazione con l’Ucraina è ancora difficile” e “per ora non ci sono prospettive per una soluzione pacifica”, ha aggiunto.

Quella di Mosca non pare comunque una vera e propria bocciatura della mediazione cinese. Piuttosto, il Cremlino sostiene che le prospettive di una tregua siano a un punto morto proprio a causa della pressione dei Paesi occidentali su Kyiv affinché la guerra continui.
Pur non rinnegando l’amicizia “senza limiti” con la Russia, sinora Pechino non ha mai apertamente approvato l’aggressione militare di Putin, limitandosi a richiamare le due parti belligeranti al “dialogo” e alla “pace” ed accusando gli USA e la NATO di aver incitato il Cremlino.
A febbraio, la diplomazia del Dragone ha così avanzato un piano di pace in 12 punti – che si limita però a dichiarazioni di principio relative al rispetto dell’integrità territoriale e all’abbandono di una “retorica da Guerra Fredda”, senza offrire alcuna specifica concreta su come fermare il conflitto.
Un assist sorprendente potrebbe però arrivare dal Governo ucraino. Nelle ultime ore, uno stretto consigliere del presidente Volodymyr Zelenskyy ha mostrato una sinora rara disponibilità a trattare con Putin. Tutto dipenderà, però, dal grado di successo dell’offensiva primaverile di Kyiv. I colloqui, ha riferito Andriy Sybiha al Financial Times, potrebbero infatti tenersi se le forze ucraine riuscissero a penetrare il “confine amministrativo” della Crimea, e si concentrerebbero proprio sulla sorte della penisola annessa nel 2014 dalle truppe russe.