Accuse pesanti per 23 delle 35 persone arrestate ad Atlanta domenica scorsa per la violenta protesta in un bosco alla periferia della città dove è stata progettata la costruzione di “Cop City”, un centro per l’addestramento della polizia. Sono state accusate dagli agenti di terrorismo interno, un crimine che se dovesse essere confermato porta ad una condanna a 35 anni di carcere. Da vedere ora se la magistratura nei prossimi giorni convaliderà queste accuse.
La protesta è stata violenta con il lancio di sassi, bombe molotov e mortaretti. Una macchina per scavare è stata data alle fiamme. Fortunatamente nessuno è rimasto ferito. La protesta è esplosa perché gli oppositori del progetto affermano che la costruzione di questa struttura continuerebbe a militarizzare la polizia, perpetrando l’atteggiamento aggressivo degli agenti verso la popolazione e danneggerebbe l’ambiente. Quasi tutte le 23 persone arrestate provengono da stati degli Stati Uniti, mentre una proviene dal Canada e un’altra dalla Francia.
In realtà le cause degli scontri sono più complicate. Gli incidenti sono avvenuti all’inizio di quella che i manifestanti hanno affermato fosse una “mobilitazione di massa di una settimana” etichettata come “Giornata nazionale di azione contro il terrore della polizia” dopo che gli agenti a gennaio hanno ucciso un manifestante in uno scontro in cui era rimasto ferito un agente dello Stato. Un incidente che ha portato ad un crescendo di accuse e proteste in cui gli attivisti, alcuni dei quali si sono accampati nel bosco che circonda la struttura progettata diventando il punto focale di un conflitto tra gli agenti e i manifestanti per una varietà di cause oltre a quelli che si oppongono alla militarizzazione della polizia.
Altri mirano a proteggere l’ambiente. Un gruppo anarchico si oppone alle donazioni private per finanziare il progetto. Ma soprattutto c’è la componente razziale con una larga parte dei manifestanti che accusa la polizia delle violenze che hanno portato a gennaio all’uccisione dell’ambientalista di 26 anni Manuel Esteban Paez Terán, o “Tortuguita”, colpito da 13 proiettili sparati dagli agenti durante un raid in un campo dove gli ambientalisti si erano accampati per la protesta. La polizia ha detto che Tortuguita li ha attaccati, una versione che altri attivisti hanno smentito e su questa vicenda c’è stata poca chiarezza perché la polizia si è rifiutata di rilasciare il video dell’incidente.

Come molti manifestanti, Tortuguita era un attivista per preservare l’ambiente, hanno detto amici e familiari, ideali che si sono scontrati con la decisione del capo della polizia di Atlanta, Darin Schierbaum di costruire un Atlanta Public Safety Training Center da 90 milioni di dollari destinato a rafforzare la preparazione e il morale degli agenti dopo la morte di George Floyd nel 2020. Dopo l’uccisione di “Tortuguita” le manifestazioni si sono estese al centro di Atlanta. Un’auto della polizia è stata data alle fiamme, sono stati lanciati sassi contro gli agenti e sono stati lanciati fuochi d’artificio contro un grattacielo che ospita la Atlanta Police Foundation che hanno mandato in frantumi le finestre. Molti attivisti inoltre si oppongono anche alla spesa di milioni di dollari per una struttura di polizia che confina con i quartieri poveri in una città che ha il triste record di essere il più grande centro urbano degli Stati Uniti con la maggiore disuguaglianza sociale.
Color Of Change, un’organizzazione per i diritti civili, ha lavorato a fianco degli attivisti ad Atlanta e i leader hanno affermato che la struttura voluta dalla polizia danneggerà solo le comunità nere a causa di ciò che viene definito l’aumento della militarizzazione delle forze dell’ordine.
L’attivista Kamau Franklin ha detto che gli arresti sono stati “indiscriminati” e ha affermato che la risposta delle forze dell’ordine “dimostra ulteriormente le politiche aggressive della polizia che ha reagito con un eccesso di forza”. Gli oppositori del luogo di addestramento hanno affermato di temere che nella sede progettata venga insegnato agli agenti come reprimere i movimenti che combattono per la giustizia sociale.
“Il linguaggio usato dalla polizia, chiamando gli arrestati “agitatori esterni”, ha lo scopo di separare i manifestanti e di criminalizzare e staccare un movimento dalle sue origini locali”, ha detto Franklin, direttore di Community Movement Builders, parte di una coalizione di attivisti protestando sul sito. Chiamare i manifestanti “agitatori esterni” è stato storicamente utilizzato per minare i movimenti di protesta – inclusa la spinta per i diritti civili – screditando i leader, distraendo dalle cause degli attivisti e giustificando la violenza contro di loro, hanno affermato su CNN alcuni sociologi.