Non avrebbe certo immaginato Laura Boldrini, quando da presidente della Camera inaugurò a Montecitorio la Sala delle Donne, che sarebbe stata la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni – una donna di destra – a inserirsi fra le schiere delle “madri della patria” come prima Presidente del Consiglio in Italia. E invece oggi una cerimonia ad alta caratura simbolica ha visto Meloni muoversi fra tutte quelle foto con larghi sorrisi.
La “Sala delle Donne” venne inaugurata il 14 luglio 2016 da Boldrini, che infatti oggi c’era ( a fianco anche della prima presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia, e Elisabetta Casellati prima presidente del Senato). È un corridoio, in verità, sul piano nobile del palazzo, davanti agli uffici della presidenza della Camera e non lontano dalla sala che raccoglie i busti gelidi e marmorei – spesso adornati di baffi e barba – degli uomini che fecero e governarono l’Italia unita dal 1870 al fascismo. A contraltare questa sfilata di maschi, Boldrini aveva pensato appunto a una galleria di foto di tutte le donne che per la prima volta hanno rivestito una carica istituzionale in Italia. Così sono stati riuniti i ritratti delle 21 costituenti; delle prime dieci sindache elette nel corso delle elezioni amministrative del ’46; della prima Presidente della Camera, Nilde Iotti; della prima Ministra, Tina Anselmi; della prima Presidente di Regione, Anna Nenna D’Antonio… C’erano poi due grandi specchi in cui ogni donna di passaggio poteva riflettersi e sognare un po’: uno diceva “Presidente del Consiglio”, l’altro “Presidente della Repubblica”. Alla seconda carica una donna ancora non è arrivata.

La premier (che peraltro preferisce farsi chiamare “il” presidente del Consiglio) comunque ha percorso la Sala che testimonia gli sforzi delle italiane in politica con una certa commozione, fermandosi davanti alla foto che la ritrae, in mezzo a una corolla di altre donne e ai flash dei fotografi.
“Il ‘tetto di cristallo’ non si rompe arrivandoci, ma dimostrando che si può fare molto bene. Questo è il mio personale impegno per tutte le donne italiane” ha detto Meloni in un breve discorso prima della cerimonia. “Io ho sempre pensato che non esistono politiche femminili, ma una visione femminile della politica, non tematiche demandate alle donne, tutte le tematiche hanno bisogno del punto vista femminile. Il punto non è quante donne ci sono, ma in quali ruoli, vale per la politica, ma anche altri ambiti. La competizione sta nella qualità non nella quantità”. Posizione che poco piace alle femministe: non basta una donna sola al comando, arrivata perché brava (qualità), se resta unica perché l’accesso è precluso alla maggioranza delle donne (quantità); e del resto operare per tutte le donne (in politica o altrove) richiede la presenza di altre donne e la determinazione a fare rete.

Ma le donne fanno davvero politiche diverse, ovvero con un’attenzione diversa, perché ci sono problemi che tutte vivono sulla loro pelle a prescindere dall’orientamento politico. Dopo tanti premier uomini, Meloni ha finalmente inserito in finanziaria una misura richiesta da anni come la riduzione dell’Iva al 5% per gli assorbenti igienici (era al 10%; considerato quanto costano non è cosa da poco). Le donne di destra non disdegnano le conquiste di anni di lotta (nessuno al governo parla seriamente di riforma della legge 104 sull’aborto, per dirne una). L’Italia resta un paese dove oltre il 50% delle donne non lavora – almeno ufficialmente – dato su cui pesa soprattutto la disoccupazione al Sud, e proprio oggi una indagine Inapp-Plus annuncia che dopo aver fatto un figlio, il 18% delle donne fra i 18 e i 49 anni non lavora più (al Sud e nelle isole continua a lavorare solo il 29%): perché non riesce a conciliare lavoro e cura della famiglia, o perché non le viene rinnovato il contratto. Vecchie storie, vecchissime e tristi, però all’8 marzo, festa della donna, quest’anno si arriva con due italiane a capo dei due maggiori partiti (Meloni ed Elly Schlein appena eletta alla guida del PD); fosse che anche l’Italia può cambiare davvero?