Non è solo la prima donna a capo del Partito Democratico, Elly Schlein – e di tutti i partiti che storicamente lo hanno preceduto e in esso sono confluiti. Il voto delle primarie, aperto ai simpatizzanti, l’ha eletta domenica 26 febbraio segretaria con il 53,8% contro il favorito Stefano Bonaccini, e ha fatto di lei anche la donna che aspira a sfidare quella che oggi siede a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni. Relativamente giovani, oltretutto (Schlein 37, Meloni 46). L’Italia maschia e gerontocratica in una notte, almeno da questo punto di vista, ha cambiato faccia.
La vittoria di Schlein ha spiazzato i commentatori perché il voto della cosiddetta ‘prima fase’, quella degli iscritti – che aveva scelto i due vincenti da una rosa di 4 -, aveva visto Bonaccini emergere con oltre il 50%, e lei ferma al 33%. In suo favore ha giocato la spinta di un ‘popolo di sinistra’ alla ricerca di un partito identitario, un popolo che dal PD si è allontanato e che sembra apprezzare il programma di sinistra che lei propone. E’ servito anche il suo impegno, strenuo come sempre in campagna elettorale: qualche intervista ben dosata, molti viaggi su e giù per l’Italia, da nord a sud, accolta dai comitati dei volontari della sua campagna “Parte da noi!” Lei, che dal PD era uscita in contrasto con Renzi, ha dato la scalata per vincere e non solo per fare atto di presenza, all’interno di un partito storicamente misogino, dove fin qui nessuna donna aveva mai comandato, e quelle arrivate abbastanza in alto erano sempre state in cordate con leader maschi.

“Ce l’abbiamo fatta” ha detto Elly Schlein commentando la vittoria dal teatro Diamante sulla Prenestina a Roma, “insieme abbiamo fatto una piccola grande rivoluzione, anche stavolta non ci hanno visto arrivare”, e lo dice con soddisfazione. “Il popolo democratico è vivo, c’è ed è pronto a rialzarsi. E’ il nostro tempo; ci abbiamo creduto davvero”. Ha promesso per il futuro di realizzare i punti del suo programma, “una linea chiara che metta al centro il contrasto a ogni forma di diseguaglianza”, ma anche la lotta all’emergenza climatica. “Abbiamo fatto da ponte fra il dentro e il fuori per liberare le migliori energie. Ma abbiamo anche fatto da ponte generazionale, mi hanno molto colpita i messaggi di alcune anziane che sono andate a votare per me e mi hanno detto ‘erano novant’anni che aspettavo di votare per una segretaria’”. Schlein ha anche ringraziato i giovani, e il segretario uscente Enrico Letta.
Alla fine, l’affluenza ai gazebo è stata attorno al milione di persone (nella prima fase avevano votato 150mila persone); la soglia a cui il PD puntava, ma per Schlein “Noi dobbiamo avere l’ossessione delle persone che oggi non hanno partecipato, perché fra di loro ci sono quelli a reddito più basso, che rischiano l’emarginazione”. E ancora: “Saremo un bel problema per il governo di Giorgia Meloni perché da oggi daremo un contributo a organizzare l’opposizione in parlamento”: e oltre a scuola pubblica, salari, sicurezza sul lavoro, lotta a ogni taglio alla sanità pubblica (“perché quando una manovra non mette nemmeno un euro sulla sanità, con l’inflazione che c’è, sta già tagliando”) cita la strage dei migranti proprio oggi a largo della costa calabrese a Crotone, ricordando che il governo ha voluto approvare un decreto che criminalizza le navi delle ONG, “quando invece ci vorrebbero vie sicure e legali per l’arrivo dei migranti e una Mare Nostrum europea, una missione umanitaria di ricerca e soccorso in mare”. Ringrazia Bonaccini, che da parte sua si era già congratulato con lei, e assicura “Lavoreremo per l’unità, perché non possiamo permetterci altro”. Il discorso si chiude, con commozione, ricordando fra gli amici recentemente scomparsi anche il giornalista Curzio Maltese morto proprio oggi.
Eletta dai simpatizzanti, ma a sostenere Schlein ci sono anche alcuni pezzi grossi del partito, da Dario Franceschini a Laura Boldrini: basterà? Certo la sua carriera politica fin qui non ha conosciuto intoppi. Primo incarico da europarlamentare (eletta nel PD con 54mila preferenze, poi confluita a sinistra), fino al 2019: scelse di non ricandidarsi perché non era riuscita a federare tutte le liste a sinistra del PSE in un movimento “ecologista, progressista, femminista”. Nel corso degli anni a Bruxelles era riuscita – lavorando con molti colleghi e colleghe – a varare una proposta di riforma della normativa di Dublino, quella che impone a ogni migrante di chiedere asilo solo nel primo paese dove viene identificato; riforma che però non è mai stata approvata dai capi di Stato e di governo Ue. Tornata in Italia, Schlein è ripartita dalle regionali in Emilia Romagna, sua regione d’adozione; con una lista a sinistra del PD ha raccolto 15.975 preferenze nella sola circoscrizione di Bologna, 22.098 totali: il record per una elezione locale nella regione, tanto che il capolista PD, proprio Stefano Bonaccini, ha dovuto darle il posto di vicepresidente in giunta. Insieme hanno lavorato fino alle ultime elezioni politiche: poi Enrico Letta – che, quali siano i suoi demeriti, ha sempre propugnato la necessità di dare spazio alle donne nel PD – ha chiesto a Schlein di candidarsi da indipendente alla Camera dei Deputati. Il cerchio si è chiuso: un seggio in Emilia Romagna, è stata ovviamente eletta. Pareva incredibile che potesse dare anche la scalata al partito delle correnti. E invece: fin qui, non ne ha sbagliata una.
È laureata in giurisprudenza, poliglotta (nata in Svizzera a Lugano, madre italiana e padre americano, iniziò in politica facendo volontariato per le due campagne di Barack Obama); ha esperienza europea ma anche di amministrazione locale. Sulla carta chi meglio di lei? Eppure fin dall’inizio l’annuncio della sua candidatura aveva provocato un’onda di ostilità, quando non di livore. Fra le femministe della differenza che proclamavano “io non voto per chi vende il corpo delle donne” (cioè è favorevole alla gestazione per altri), e i pragmatici che censurano i dubbi di Schlein per la fornitura di armi all’Ucraina; c’era chi diceva “finirà di distruggere il PD”, o la definiva troppo benestante, troppo lontana “dal popolo”, ‘la politica delle ZTL’; c’è chi dice che è troppo ambiziosa e persino opportunista, per essere uscita e rientrata dal PD.
Anche per questo, per la sua vittoria è stato indispensabile avere un’ampia base di voto. Il 2023 del PD era iniziato discutendo delle regole per le primarie: Schlein le voleva aperte al voto online col chiaro pensiero che avrebbe attirato un pubblico più giovane e più propenso a votarla. Il favorito in corsa Stefano Bonaccini si era opposto graniticamente; la direzione del PD aveva trovato un compromesso, ha potuto votare online solo chi era impossibilitato fisicamente, o si trovava in luoghi ‘impervi’ e lontani dai gazebo. Ma la gente a votarla ci è andata, fisicamente, nonostante la pioggia che in questa domenica ha oscurato il cielo di gran parte d’Italia.
Riuscirà Schlein a tenere assieme un partito che rischia di spaccarsi? A prepararlo per le prossime politiche, coniugando i volontari che lavorano nelle sezioni – e in maggioranza non l’avevano scelta – e riportando alle urne tutti quei ‘simpatizzanti’ che hanno smesso di votare PD? E’ la sua più grande scommessa; come che vada, questa notte ha già cambiato l’Italia.