Il 2023 non si è aperto benissimo per i lavoratori dei più grandi colossi imprenditoriali statunitensi. Negli ultimi mesi, infatti, un impressionante numero di dipendenti è stato licenziato dalle principali aziende tecnologiche del Paese – tra cui Alphabet (che ha mandato via 12.000 dipendenti), Amazon (18.000), Meta (11.000), Twitter (4.000), Microsoft (10.000) e Salesforce (8.000).
Non va tanto meglio nel settore finanziario, che ha dovuto fare i conti con un analogo esodo di impiegati e analisti nel periodo post-pandemico.
Se i lavoratori piangono, però, i datori non ridono. E così, sei CEO di grandi aziende a stelle e strisce hanno accettato di ridursi lo stipendio fra il 25 e il 40 per cento per evitare altri licenziamenti.
In cima alla lista c’è Tim Cook, amministratore delegato di Apple, che ha deciso di rinunciare al 40% del suo stipendio per guadagnare “solo” 49 milioni di dollari all’anno. A seguire il CEO di Intel, Pat Gelsinger – che a inizio febbraio si è impegnato a ridurre la sua paga del 25% dopo aver guadagnato quasi 180 milioni di dollari nel 2021 (ultimo anno disponibile). Sundar Pichai, CEO di Alphabet – la holding di Google – ha invece comunicato ai dipendenti lo scorso mese l’arrivo di una “riduzione molto significativa dei bonus annuali” riservati a dirigenti, senza specificare quanto o per quanto tempo.
C’è poi chi ha deciso di tagliarsi lo stipendio già nel 2022: è questo il caso di David Solomon e James Gorman – rispettivamente CEO di Goldman Sachs e Morgan Stanley. Solomon ha portato il suo stipendio annuale a 25 milioni di dollari (-30%), mentre Gorman si è limitato ad auto-tagliarsi la paga del 10% e portare a casa $31,5 milioni. A differenza loro, infine, l’amministratore delegato di JPMorgan Jamie Dimon non ha ufficialmente ridotto alcunché, ma ha spontaneamente deciso di non riscuotere un “premio speciale” del valore di decine di milioni di dollari.