Ha riaperto ufficialmente al pubblico lo scorso mercoledì l’ambasciata statunitense all’Avana, a cinque anni dalla decisione del Dipartimento di Stato di sospendere i servizi consolari a causa di una serie di misteriosi incidenti sanitari.
L’imponente sede diplomatica USA, che sovrasta il viale Malecón sulla costa settentrionale della capitale cubana, aveva di fatto cancellato i servizi consolari e d’immigrazione nel 2017. Per diversi mesi, infatti, diversi funzionari avevano infatti contratto uno strano morbo poi ribattezzato “sindrome dell’Avana” – con sintomi quali forte nausea e perdita di memoria.
La chiusura delle attività consolari ha costretto molti cubani a recarsi a proprie spese in Guyana per ottenere un visto per gli USA, prima che, lo scorso settembre, il Dipartimento di Stato annunciasse la prevista riapertura per “consentire una migrazione sicura, legale e ordinata”.
Riapertura al pubblico che è scattata ufficialmente proprio il 4 gennaio, con priorità per i visti di immigrati che cerchino di ricongiungersi con parenti già legalmente residenti in territorio statunitense.
Per l’anno appena cominciato, Washington ha intenzione di concedere 20.000 visti di immigrazione ai cubani. Ciononostante, solo l’anno scorso sono emigrati negli Stati Uniti ben 250.000 cubani, in gran parte in maniera illegale dopo un pericoloso attraversamento in barca dello Stretto della Florida o mediante la tratta centroamericana.