Avranno valutato per bene pro e contro, avranno fatto riunioni con il mega direttore generale, avranno ascoltato in quelle sale con un grande tavolo e luminose vetrate il giovane copywriter che presenta la slide con il disegno e svela lo slogan della campagna. Si saranno guardati in faccia, avranno tentennato poi hanno preso la decisione. Così ieri guardando l’ultima pagina di un quotidiano siamo rimasti senza parole. Perché la pubblicità della Coop (si, non si può non fare il nome, aspetto solo che qualcuno sollevi il dito per dire che se uno elogia una azienda allora c’è qualcosa sotto) non solo è la cosa più bella tra quelle viste negli ultimi tempi ma fa un salto. Indica una via, prova a dirci cosa si può fare per affrontare il perenne drammatico dilemma che tutti, politica, economia, cittadini, consumatori, noi di questa parte del mondo abbiamo davanti, quando parliamo di diritti umani e affari. L’idea é semplice come tutte le grandi idee. Richiama lo storico slogan inclusivo della casa, quello che dice “la coop sei tu”, quello che da anni prova legittimamente a convincerci che il loro modo di fare e distribuire cose ha un po’ di comunità dentro. Solo che stavolta aggiunge un “anche tu, Mahsa” incorniciando un hijab che lascia scoperto un volto senza volto, cancellato dal regime. E in fondo alla pagina bianca la scelta di stare con tutte le altre donne (e uomini) come lei che in questi mesi in Iran “stanno combattendo per la libertà a costo della vita stessa”. Qualcuno ha voluto polemizzare sul fatto che disegnare il velo per citare la ragazza curda che proprio per non averlo usato é stata brutalmente assassinata sia stata una gaffe. Si potrebbe rispondere che proprio quel volto cancellato era la forza di un messaggio nitido, preciso che puntava al cuore del problema, che non è il velo ma la libertà di usarlo oppure no. Ma queste sono discussioni da tastiera. Il punto invece è che per la prima volta una azienda parla chiaro e si espone. Come un cartello scritto a pennarello da portare davanti all’ambasciata solo che sta su una intera pagina di giornale. E l’ha voluto una impresa che ogni giorno ha che fare con gli affari e che sa che la prima grande regola del business è cercare di non scontentare mai nessuno. Mi direte: facile per una catena di supermercati che rapporti diretti con l’Iran ne avrà pochi, che compra e vende prodotti che poco hanno a che fare con quel paese. Più difficile certo per chi compra e vende petrolio chiedere giustizia per Giulio Regeni, o chiudere i conti con il gas di Mosca, e però un segnale l’ha dato. Se anche altre aziende cominciassero ad usare la loro immagine per dirci che certe battaglie arrivano prima degli affari, che ognuno può e deve fare la sua parte, allora forse Mahsa e le altre avrebbero più forza per dirsi tra loro, prima di scendere in strada – sempre meno e sempre più stanche – che non sono disperatamente sole. Così queste righe sono per dire che stavolta la Coop siamo tutti noi. Anche senza cambiare supermercato.