Quanto sta emergendo nello scandalo sulla corruzione al Parlamento Europeo è osceno e se tutto sarà confermato, è altrettanto osceno che da anni si facciano affari con stati che alimentano la corruzione all’interno delle nostre istituzioni e che non sono in linea con i nostri valori democratici e il rispetto dei diritti umani, come ha raccontato il quotidiano britannico The Guardian nell’inchiesta denuncia sulle morti dei lavoratori stranieri impegnati nella costruzione degli stadi per i mondiali di calcio.
In Qatar, piccolo stato del golfo, poco più grande dell’Umbria, vige la sharia e la popolazione è wahabita, segue cioè un’interpretazione molto rigida della religione islamica proprio come i sauditi e gli abitanti degli Emirati Arabi Uniti con i quali da tempo però i rapporti sono tesi. Le relazioni tra Arabia Saudita e Qatar si erano deteriorate al punto tale che Doha tra il 2017 e il 2021 aveva subito l’embargo totale, con chiusura degli spazi aerei e terrestri da parte della coalizione di alcuni paesi arabi, Arabia Saudita in testa, che aveva accusato l’emirato di supportare il terrorismo.
Il Qatar, sentitosi isolato nel mondo arabo sunnita, si era infatti avvicinato all’Iran gigante sciita, acerrimo nemico dell’Arabia Saudita, in una eterna competizione che risale ai tempi di Maometto su chi debba prevalere tra sciiti e sunniti nel mondo islamico. È in questo contesto che probabilmente inizia il tentativo dell’emirato di rilanciare la propria immagine in crisi sulla scena internazionale per le accuse di connivenza con movimenti terroristici. La stessa presunta operazione acquisti avviata con alcuni parlamentari europei a suon di mazzette rientra nella stessa strategia di restyling.
C’è da aspettarsi nuovi tragici sviluppi dall’inchiesta della magistratura belga che ha già travolto la vicepresidente greca Kaili, il parlamentare italiano Antonio Panzeri, alcuni loro assistenti e personaggi responsabili di organizzazioni non governative ora sotto la lente degli investigatori.Il sospetto è che proprio sui conti bancari delle ong dai nomi evocativi Fight the impunity e No peace without justice siano transitate le tangenti destinate ai parlamentari che avevano il compito di rendere presentabile l’immagine di Qatar e Maroccco.

Del ruolo del Marocco si sa ancora poco, mentre del Qatar, piccolo stato del Golfo, imbottito di dollari grazie alla presenza di gas naturale nel suo sottosuolo si sanno invece più dettagli anche se a questo intricato scandalo mancano ancora svariati tasselli. Basta sfogliare il libro Qatar Papers, il libro nero dell’Islam, scritto da due giornalisti Christian Chesnot and Georges Malbrunot per rendersi conto della capillare azione messa in atto da tempo dal Qatar per rafforzare la presenza del movimento dei fratelli musulmani in Europa e influenzare le istituzioni locali nei vari paesi e nel cuore dell’Europa.
Un’inchiesta partita dopo che Chesnot e Malbrunot avevano ricevuto da un informatore rimasto anonimo un dischetto contenente migliaia di file che documentavano l’attività della Qatar Charity, una ong indipendente ma con legami profondi con il piccolo emirato. Solo in Italia 25 milioni di euro in tre anni per la costruzione di moschee e non solo. A Milano per esempio tutta l’area dei grattacieli di Porta Nuova è di proprietà del fondo Qatar Investment Authority, ma anche alcuni hotel 5 stelle sono stati acquistati dall’emirato insieme alla casa di moda Valentino. L’inchiesta chiarirà come stiano le cose, intanto sarebbe il caso di agire con meno ipocrisia e guardare al Qatar per quello che è.
Uno stato con poco petrolio ma con il giacimento di gas più grande al mondo, diventato molto ricco grazie alla tecnologia fornita anni fa dagli americani per liquefare il gas e poterlo esportare. In cambio gli USA avevano ottenuto di aprire nel deserto fuori Doha la più grande base americana in Medio Oriente chiudendo quella in Arabia Saudita, paese di cui non si fidavano più, dopo la scoperta che 16 dei 19 terroristi degli attacchi alle Torri Gemelle erano sauditi, come il loro capo Bin Laden.
Il Qatar è amico dei peggiori integralisti del pianeta a partire dai talebani che proprio a Doha hanno avuto la loro rappresentanza quando combattevano contro il governo di Kabul e i nostri soldati internazionali in Afghanistan. Sempre a Doha, sotto la presidenza Trump, sono state condotte le trattative tra talebani e americani sul ritiro della coalizione militare occidentale dall’Afghanistan. Il tragico accordo, che di fatto ha legittimato i talebani contro i quali avevamo combattuto e ritenuti dei terroristi, è stato siglato proprio in Qatar. È tempo di riflettere su come si scelgono gli amici e i nemici e di giudicare con gli stessi pesi e le stesse misure il loro comportamento, avendo come riferimento i nostri valori democratici. Purtroppo non sempre accade.