Le bugie non pagano. Anzi! Ne sa qualcosa il giornalista radiofonico Alex Jones che ieri ha presentato istanza di protezione assistita contro il fallimento personale dopo che una giuria lo ha riconosciuto colpevole di diffamazione e un giudice del Connecticut che gli ha ordinato di pagare un super risarcimento danni di 1,44 miliardi di dollari.
Le bugie, le false notizie, le bufale corrono on line con estrema facilità creando una situazione paradossale tra informazione, primo emendamento della Costituzione americana, libertà di espressione e decenza. L’internet ha cambiato le carte in tavola sul modo in cui ci si tiene informati. I giornali stampati stanno morendo mentre l’informazione on line vola. Tutti possono dire tutto, pure se sono i nostri nemici, perché l’informazione su internet può anche essere anonima, mascherata, attraente. Basta solo dargli un bel vestito per infiammare gli animi, e la verità diventa secondaria.
Per anni con il suo programma “Infowars” Alex Jones ha raccontato ai suoi fedelissimi ascoltatori che la strage di Sandy Hook era una invenzione dell’Amministrazione Obama, uno stratagemma per modificare il Secondo emendamento della Costituzione, quello che sancisce il possesso delle armi, che aveva messo in scena un finto massacro. Nella strage compiuta nella scuola di Sandy Hook in Connecticut il 14 dicembre del 2012 furono uccise 26 persone. Venti erano bambini tra i sei e i sette anni.

Ad ogni sua puntata radiofonica Alex Jones alzava il tiro delle sue “bufale” dando nuovi fantasiosi particolari e negando sempre che la strage fosse stata commessa da Adam Lanza, un giovane con problemi mentali che dopo la strage si tolse la vita, affermando che i corpi immobili dei bambini mostrati da tutti i telegiornali erano parte di una esercitazione della protezione civile. Poi cominciò ad accusare i genitori delle “finte” vittime di piangevano davanti alle telecamere di prestarsi alla messa in scena organizzata da Obama. E da lì per le famiglie che avevano già perso i bambini nella strage cominciò un secondo calvario: i fedeli ascoltatori di “Infowars” telefonavano e li minacciavano accusandoli di essersi prestati alla commedia. Inutili tutte le suppliche a Jones che per anni ha usato la strage come uno dei suoi punti di forza del complottismo dei democratici.
Alla fine la famiglia di Jesse Lewis, uno dei bambini uccisi a Sandy Hook, citò in giudizio Alex Jones per le molestie subite causate dalle sue bugie. Durante il processo che si è celebrato in Texas Jones sotto interrogatorio ammise di essersi inventato tutto. Fu condannato in Texas. Da quel processo è maturata la decisione del giudice del Connecticut, Barbara Bellis, alla quale si erano rivolti gli altri familiari dei bambini uccisi, che ha riconosciuto che il comportamento di Jones è stato “intenzionale e crudele, e certo di creare danni” per via dell’ampia possibilità di diffusione dei contenuti di InfoWars e del suo ampio pubblico.
Per questo Bellis ha condannato Alex Jones a versare a titolo di “danni punitivi”, quasi un miliardo e mezzo di dollari che dovranno essere pagati sia direttamente da lui che dalla società del suo sito Infowars. E per questo Jones ha chiesto l’amministrazione controllata dei suoi beni.
Nonostante la pesantissima penalizzazione e l’ufficialità del tribunale che lo marchiato come un propagatore di notizie false Alex Jones continua a coltivare i suoi proseliti. Durante una puntata del suo programma ha avuto come ospite Kanye West, ormai per i suoi fan “Ye”, che all’accogliente microfono di Alex Jones ha detto che “Tutti gli esseri umani hanno qualcosa di valore che mettono sul tavolo, soprattutto Hitler. Vedo delle cose buone anche in Hitler. Amo tutti. Hitler ha inventato le autostrade, il microfono che io uso. Non si può dire ad alta voce che non ha mai fatto nulla di buono”, ha aggiunto West. A questo punto Alex Jones ha dovuto interromperlo affermando che “i nazisti erano delinquenti e hanno fatto cose davvero cattive”.
Dichiarazioni antisemite subito dopo che Elon Musk aveva fatto rientrare Kanye West/Ye su Twitter dal quale è stato nuovamente allontanato dopo aver postato l’immagine di una svastica all’interno di una stella di David.

Prima che Elon Musk acquistasse Twitter, scrive il New York Times, gli insulti contro i neri americani apparivano sulla piattaforma una media di 1.282 volte al giorno. Dopo che il miliardario è diventato il proprietario di Twitte, sono saliti a 3.876 volte al giorno. E i post antisemiti che si riferiscono agli ebrei o al giudaismo sono aumentati di oltre il 61% nelle due settimane successive all’acquisizione del sito da parte di Musk.
Questi risultati – dal Center for Countering Digital Hate, dall’Anti-Defamation League e da altri gruppi che studiano le piattaforme online – forniscono il quadro più completo fino ad oggi di come sono cambiate le conversazioni su Twitter da quando Musk ha rilavato l’azienda a fine ottobre.
In un post su Twitter in risposta all’articolo del New York Times, Musk ha condiviso un grafico che mostra che le impressioni sui discorsi di odio “continuano a diminuire, nonostante la significativa crescita degli utenti!”
“La libertà di parola non significa libertà del reach (le cliccate sulla notizia). La negatività dovrebbe e otterrà meno cliccate della positività”, ha scritto Musk, aggiungendo che Twitter renderà tali dati disponibili al pubblico settimanalmente. “Ci sono circa 500 milioni di tweet al giorno e miliardi di impressioni (le volte che un post è stato letto), quindi le impressioni di incitamento all’odio sono dello 0,1% di ciò che si vede su Twitter!”
Quello che però resta fuori dal discorso è basilare per l’informazione: se le notizie che Twitter, o le altre piattaforme, pubblicano siano vere. Le opinioni sono personali, ma la verità è meno discutibile. E Alex Jones ora lo ha capito.