In un giorno di novembre del 1621, a Plymouth Rock, nell’attuale stato del Massachusetts, la popolazione indigena dei Wampanoag aiutò un gruppo di coloni inglesi – i Pilgrims – a sopravvivere in quello che gli europei avevano ribattezzato il Nuovo Mondo. Poi tutti si riunirono per festeggiare. Era il primo Thanksgiving. La pace, in realtà, durò poco, meno di una generazione.
Oggi, la festa del Ringraziamento negli Stati Uniti è diventata la ricorrenza più popolare del Paese. Batte quella del 4 luglio – festa dell’Indipendenza – e stacca di molto il giorno di Natale, solo in ottava posizione. Celebrato sempre il quarto giovedì di novembre è un momento in cui – davanti a tacchini arrosto e pumpkin pie – le famiglie americane si riuniscono per esprimere gratitudine. A New York, la tradizionale parata sponsorizzata dai grandi magazzini Macy’s, che fa sfilare giganteschi palloni gonfiabili, smuove milioni di spettatori.
Se per gli americani il Ringraziamento vuol dire festa e famiglia, che significato ha assunto nei secoli per i primi abitanti del Continente Americano, da cui tutto ebbe inizio? Del giorno di Thanksgiving e del mese -novembre – dedicato alla cultura dei nativi d’America, (il Native American Heritage Month), abbiamo parlato al telefono con Alexis Perry. Trentenne, appartenente al popolo dei Lanape e attivista vicina all’associazione no-profit AICH, che si occupa di cultura e tutela dei diritti dei nativi.
“La mia gente, i Lenape, sono gli indigeni “Lenni-Lenape”, che significa “i popoli”. Mia madre discende dagli abitanti dell’isola di Manahatta, oggi Manhattan, ‘la terra delle colline’, nella lingua Munsi dei Lenape”. Prima dell’arrivo dei coloni, sull’isola ne risiedevano circa quindicimila. Decimati, i pochi sopravvissuti nel 1860 furono spostati nel territorio dell’attuale Oklahoma. Successe in seguito alla politica di ricollocamento degli indiani d’America da parte del governo.

“A New York è normale incontrare Lenapo di discendenza mista”, ci spiega Alexis. “I pochi nativi sopravvissuti dovettero integrarsi con la cultura degli invasori. Mio padre ad esempio è di origini irlandesi”.
I Lenape abitavano il Lenapehoking, il territorio delle foreste nordorientali, quello che oggi comprende il sud dello stato di New York, Connecticut, New Jersey e buona parte dell’odierna Pennsylvania, fino al Delaware. “È necessario che la storia che ci riguarda venga riconosciuta, che le tradizioni vengano ricordate e mantenute. Il motto dei Lanape è siamo qui, esistiamo e continueremo ad esserci”.
Alexis ci racconta che la ricorrenza del Ringraziamento non per tutti è un giorno di festa. È infatti anche un giorno di cordoglio. Frank James, attivista dei Wampanoag, la stessa tribù della leggenda di Plymouth, nel 1970 stabilì il giorno del Ringraziamento come lutto nazionale. Per i nativi dell’ovest invece divenne “Unthanksgiving Day”, giorno dell’ingratitudine. Da allora ogni quarto giovedì di novembre i nativi si riuniscono per ricordare i milioni di indigeni uccisi.
“Per molti, anche per chi non discende dai popoli indigeni, la festa del Ringraziamento rappresenta una mancanza di rispetto. Indubbiamente c’è chi ama il tacchino arrosto e guarda il football, così come una certa tradizione impone. Tuttavia– continua l’attivista- quelli più interessati alla cultura da cui discendono e alla vera storia di questo Paese capiscono che tante celebrazioni non hanno nulla a che fare con gli eventi da cui ebbero origine. Le atrocità che hanno distrutto intere culture indigene, infatti, risultano difficili da digerire”.
E questo deve valere maggiormente a novembre, in quanto viene considerato il mese della consapevolezza. “Sono incoraggiati scambi tra persone e organizzazioni al fine di salvaguardare la cultura e la storia dei nostri padri attraverso incontri e manifestazioni. I nativi, dalle riserve alle tribù e dai clan alle famiglie, hanno la possibilità di praticare i riti dei propri avi attraverso danze e preghiere. Si imparano poesie e proverbi, cardini della spiritualità, si incentivano usi e tradizioni, insieme alla presa di coscienza che i diritti sono alla base di tutto”.
Le fondamenta della leggenda di Plymouth Rock.
“Non mi disturba il racconto dell’episodio tra Pellegrini e nativi, ma la circostanza seppur benevola non può giustificare un genocidio. Inoltre se vogliamo prendere come esempio storie dettate dai coloni, la stessa circostanza di Plymouth Rock è da considerare successiva ad un episodio precedentemente avvenuto a Manhattan, e riguarda i nativi Lenape”.
Si sfata un mito. “Otto anni prima, nel novembre del 1613 a sud di Manhattan approdò un gruppo di olandesi. Il capitano Adrian Block con l’equipaggio della nave Tiger attraccò lì dove sorge l’odierno World Trade Center. A poche ore dall’arrivo un incendio distrusse l’imbarcazione. Gli olandesi furono soccorsi dai Lenape. Senza gli strumenti per potersi procurare il cibo-per cacciare, ad esempio- quasi sicuramente Block e i suoi sarebbero morti di fame e con l’inverno alle porte non sarebbero sopravvissuti. Così come non sarebbe stato possibile costruire una nuova nave con cui in primavera poterono salpare”.
Nell’epoca attuale, seppure Manhattan non sia più il territorio collinare che ha ispirato il suo nome, lungo l’Hudson River Park, all’altezza del Pier 27 nella zona di Chelsea, esiste un’enorme macchia verde con specie di piante autoctone. Le stesse che popolavano la “Manahatta” dei nonni di Alexis nel 1600, prima dell’arrivo dei coloni.