Sarà la Corte Suprema a determinare il destino dell’industria della carne statunitense. Nelle prossime ore i Justices federali ascolteranno infatti le argomentazioni, a favore e contro, relative a una legge californiana contro la crudeltà sugli animali che potrebbe comportare un drastico aumento dei prezzi del bacon e di altri prodotti suini in tutto il Paese.
Un mercato che, in una nazione storicamente carnivora, come gli Stati Uniti, vale ben 26 miliardi di dollari. Ma non c’è solo la carne sul “fuoco”. In ballo c’è la più ampia capacità dei singoli Stati di emanare leggi che sortiscano effetti legali anche nelle giurisdizioni di altri Stati – come nel caso delle legislazioni contro il cambiamento climatico o quelle per calmierare il costo dei farmaci da prescrizione.
Nello specifico, martedì la Corte dovrà rivedere la Proposizione 12, approvata dagli elettori californiani nel 2018. La norma vieta in tutto il Golden State l’utilizzo delle cosiddette “gabbie di gestazione”, ampiamente impiegate nell’allevamento di suini, disponendo che tutta la carne rossa venduta a livello statale debba provenire da animali le cui madri siano state allevate con almeno 24 metri quadrati di spazio.
L’entrata in vigore del divieto ha però fatto storcere il naso a due associazioni di categoria, il National Pork Producers Council e l’American Farm Bureau Federation. Entrambe hanno sede in Iowa, non a caso: è difatti nel Midwest (oltre che nella Carolina del Nord) che si produce la stragrande maggioranza di carne rossa nel Paese, spesso proveniente da allevamenti intensivi del tutto incompatibili con le nuove regole californiane. E però il mercato della California costituisce un rilevante 13% dei consumatori nazionali.

Indi il quesito alla Corte: la California può arrogarsi il diritto di disciplinare un intero settore sfruttando il suo ingente peso economico? In caso di risposta negativa, verrebbero delusi gli ambientalisti e i sostenitori dei diritti degli animali. In caso positivo, l’adeguamento alla Proposizione 12 costerebbe all’industria suina una cifra dai 290 a 350 milioni di dollari, prevedibilmente scaricata sui consumatori finali (già vessati dall’inflazione).
Proprio per quest’ultimo motivo (e per le potenziali del carovita sulle elezioni di midterm), l’amministrazione Biden si è espressa a favore dei produttori di carne, accusando la Proposizione 12 di “aver inflitto una grossa scossa al funzionamento del mercato interstatale della carne suina.”