“Trump ha un’ultima possibilità, in questo momento, di resistere. Ma avrà bisogno di noi e dei nostri fucili”, ha scritto Stewart Rhodes, il leader degli Oath Keepers in un messaggio che è stato mostrato ieri nell’aula in cui si sta celebrando il suo processo per cospirazione sediziosa per il suo ruolo nel tentativo insurrezionale del 6 gennaio 2021. Rhodes è sul banco degli imputati con altri quattro complici, Thomas Caldwell, Kenneth Harrelson, Kelly Meggs e Jessica Watkins. Per loro un’accusa usata l’ultima volta durante i processi dopo la Guerra Civile alla fine del 1865.
Nelle settimane scorse il senatore repubblicano della Carolina del Sud Lindsey Graham ha parlato di possibili “rivolte nelle strade” se Donald Trump sarà incriminato per aver trattenuto i documenti Top Secret dopo aver lasciato la Casa Bianca, materiali recuperati dall’Fbi a casa dell’ex presidente nella perquisizione dell’8 agosto scorso.
Tra un mese ci sarà il primo voto dopo l’assalto al Campidoglio di quasi due anni fa. I timori di violenza politica sono cresciuti, anche se la maggior parte degli esperti ritiene che un conflitto armato su vasta scala, come la guerra civile del 1861-65, rimanga improbabile.

Il New York Times scrive“Più di un secolo e mezzo dopo la Guerra Civile, la guerra più mortale nella storia degli Stati Uniti, i riferimenti alla ‘guerra civile’ sono diventati sempre più comuni tra i simpatizzanti della destra. Mentre in molti casi il termine è usato solo in modo approssimativo – abbreviazione per l’intensificarsi delle divisioni partigiane della nazione – gli osservatori notano che la frase, per alcuni, è molto più di una metafora”.
L’aumento delle divisioni politiche è alimentato dalle menzogne dell’ex presidente perché molti repubblicani che sostengono Trump per avere il voto dei suoi seguaci sostengono le sue bugie sui brogli elettorali ed ora si presentano all’elettorato per il Congresso, per il ruolo di governatore e per posti statali chiave. Bugie di un presidente sconfitto che hanno plagiato milioni di elettori. Più del 40% degli americani crede che una guerra civile sia in qualche modo probabile nei prossimi 10 anni, secondo un sondaggio di YouGov e dell’Economist, una cifra che aumenta fino al 50 per cento fra coloro che si autodefiniscono fortemente repubblicani.
Nati come Stati Uniti nel 1776 da qualche anno sono sempre più divisi. Quella visione di “Pluribus Unum” di Virgilio voluto da Benjamin Franklin come motto degli Stati Uniti, anche se non ha completamente unito, ha sicuramento coeso in un modo pluralistico i valori di fondo della democrazia americana unendo diverse etnie, diverse religioni, con il denominatore comune della tolleranza e dell’equità. Dalla fondazione la contestazione nei confronti dell’autorità è stata per lo più espressa nel nome della Costituzione, rispettando il sistema politico e istituzionale. Tutto questo è cambiato però negli ultimi anni e le tensioni cresco, sfociando spesso in rivolte urbane e talvolta in velleità anarco-insurrezionaliste o vagamente sovversive.
Troppo spesso però i tutori della Costituzione non sono al passo con il cambiamento dei tempi, con le trasformazioni della società. Dalle armi all’aborto, dalle violenze della polizia alle restrizioni elettorali imposte dai singoli Stati per le elezioni a cariche federali, i giudici restano ancorati ai valori del 18° secolo. Dietro la recente sentenza della Corte Suprema in materia di aborto non c’è solo una riconferma delle prerogative dei singoli Stati, secondo una logica coerentemente federalista. L’annullamento della sentenza Roe vs Wade (1973) esprime anche una visione ideologica secondo cui non esiste un diritto costituzionale all’aborto. Il segnale è forte e chiaro: meno leggi federali, più leggi statali.

Dalla presidenza Obama a quella Trump le due ali estreme dello schieramento politico-culturale statunitense, si sono definitivamente allineate. Le posizioni di centro e moderate sono state oscurate da quelle più radicali dei democratici e dei repubblicani. Basta pensare a quanto accaduto nella primavera-estate 2020 in cui moltissime città sono state protagoniste delle proteste seguite alla brutale uccisione di George Floyd da parte della polizia di Minneapolis. Black Lives Matter, Antifa e altri gruppi estremisti “di sinistra” hanno espresso la loro rabbia provocando altri morti, feriti e miliardi di dollari di danni a beni mobili e immobili. Con la Cancel Culture si sono abbattuti numerosi monumenti, statue e targhe pubbliche di personalità della storia politica e culturale americana con l’accusa di razzismo, sessismo e altre forme di intolleranza e discriminazione. Questa sinistra radicalizzata si è scontrata con il populismo di Trump che aveva liberato frustrazioni, odio e rancore covati da anni dall’elettorato più bigotto esacerbati dalla mai digerita presidenza di Obama.
Quello di Trump è stato un populismo alla Rambo scrive la BBC che ha fatto leva sui bassi istinti inizialmente stuzzicati con le false accuse ad Obama di non essere nato in America culminato poi con le bugie sulle elezioni vinte da Biden con i brogli. Quattro anni di presidenza senza il rispetto per il suo ruolo istituzionale, basato sul culto della sua personalità, strizzando l’occhio agli evangelici più intransigenti. L’esaltazione della sua immagine di uomo forte con la trasmissione televisiva The Apprentice, businessman di successo senza disciplina, è stata la calamita che ha attirato anche l’ammirazione dell’America anti-establishment, quella che vuole la pena di morte, ma è contraria all’aborto.
Gran parte della cultura americana – scrive The Atlantic – è già pronta per la battaglia finale. C’è una tensione molto profonda di fantasia apocalittica nel cristianesimo fondamentalista. L’Armageddon può essere orribile, ma non è da temere, perché sarà foriero di beatitudine eterna per gli eletti e di dannazione eterna per i loro nemici. Quella che una volta veniva chiamata l’estrema destra ora dovrebbe essere semplicemente chiamata l’ala armata del Partito Repubblicano, e per loro l’imminenza della guerra civile è scontata.
Fatto sta che Donald Trump ha raccolto alle ultime elezioni 74.223.744 voti contro gli 81.283.485 ottenuti da Joe Biden. Un dato questo che deve far riflettere, perché anche se non tutti i voti repubblicani sono stati per l’ex presidente, ma per il partito, resta che Trump ha ottenuto il sostegno di decine di milioni di americani che tra un mese andranno alle urne e si vedrà se a vincere sarà l’odio o la ragione e se la legge e ordine, fortemente voluti dai repubblicani, verranno fatti rispettare per tutti, ex presidente incluso.