L’agente della polizia municipale armato di un fucile AR-15, quando ha avuto la possibilità di sparare al ragazzo armato che si stava avvicinando alla Robb Elementary School di Uvalde, in Texas, ha esitato: non voleva colpire i bambini.
La fatidica decisione, che per la prima volta emerge nelle indagini, ha rappresentato la seconda occasione mancata per la polizia arrivata alla scuola di evitare una strage, intervenendo mentre l’uomo armato era ancora fuori dalle aule.
Anche un altro agente, infatti, era arrivato in anticipo, ma superò Salvador Rolando Ramos senza accorgersi della sua presenza nel parcheggio dell’istituto.
Il rapidissimo arrivo delle forze dell’ordine quel 24 maggio riflette la tempestività con cui è avvenuta la risposta iniziale alla richiesta di aiuto, ma contrasta con ciò che si è poi rivelato un lungo ritardo nell’affrontare il giovane dopo che aveva iniziato a sparare.
I passi avanti degli inquirenti hanno anche messo in evidenza le decisioni angoscianti che le forze dell’ordine hanno dovuto prendere quando hanno affrontato l’uomo armato, incrociato nel momento in cui stava aprendo il fuoco all’esterno della scuola.
“L’agente che è arrivato imbracciando un fucile ha avuto solo pochi secondi per prendere una decisione – ha dichiarato alla stampa il vice sceriffo della zona – e temeva che sparare avrebbe potuto significare colpire i bambini”.
Due insegnanti e 19 studenti sono stati uccisi dopo che Ramos è entrato nella scuola. Undici sono stati feriti, tra cui un insegnante.
La reazione della polizia è ora oggetto di almeno tre indagini da parte dei Texas Rangers, del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e di una commissione speciale della legislatura del Texas.
Anche un procuratore distrettuale locale è stato coinvolto nelle indagini dello Stato e ha gestito le richieste dei media, senza però rispondere a una richiesta di commento sui nuovi dettagli relativi alle prime fasi della reazione della polizia.