Sarebbero finalmente liberi gli ultimi 12 missionari nordamericani rimasti ostaggio per due mesi di una gang armata haitiana. A confermarlo sono media locali e fonti istituzionali del Paese centroamericano. I predicatori sarebbero stati avvistati alle prime luci dell’alba di giovedì nel quartiere di Morne à Cabrit, a poca distanza dalla capitale Port-au-Prince.
Ad avvisare le forze dell’ordine sarebbero stati alcuni abitanti del posto pochi minuti dopo la liberazione (avvenuta intorno alle 5 del mattino secondo la versione di un agente di sicurezza haitiano). Non è ancora chiaro, tuttavia, quali siano le loro condizioni di salute o se siano riusciti a identificare i rapitori.
La liberazione della dozzina è l’ultimo capitolo di un ritrovamento “a tappe” dei diciassette missionari, sedici dei quali con cittadinanza statunitense oltre a un canadese. Lo scorso 16 ottobre il gruppo di religiosi, di ritorno da una visita a un orfanotrofio, aveva subito un assalto armato nei pressi del comune di Croix-des-Bouquets, periferia est della capitale. A rivendicare il blitz furono i membri della gang 400 Mawozo, che a poche ore di distanza dal rapimento comunicarono al Governo haitiano il prezzo del riscatto: 1 milione di dollari per ciascuno.
Non è chiaro se il prezzo costituisse un punto di partenza contrattuale, e se effettivamente ci sia stata una contrattazione tra Governo haitiano, Washington, Ottawa e la gang (magari con la mediazione vaticana). Fatto sta che lo scorso 21 ottobre sono stati liberati i primi due ostaggi, e dopo di loro altri tre appena un paio di settimane dopo. Per concludere con il ritrovamento del sostanzioso gruppo dei quindici, giovedì mattina.
Finora non è trapelato nessun commento ufficiale da parte dell’ambasciata statunitense ad Haiti. Gioia è stata invece espressa da Christian Aid Ministries, la ONG di Berlin, Ohio, per cui lavoravano i diciassette. “Rendiamo grazie a Dio per aver esaudito le nostre preghiere“, si legge in un comunicato, che conclude: “Speriamo di fornire maggiori informazioni appena saremo in grado di farlo.”
Haiti è nel bel mezzo di una crisi sociale e di sicurezza. La situazione è degenerata a livelli drammatici dopo l’assassinio, lo scorso luglio, del presidente Jovenel Moïse, che ha di fatto consegnato le chiavi di Port-au-Prince a gangs spesso in competizione tra loro. “Un popolo dimenticato dal mondo” lo ha definito mons. Vincenzo Paglia, che si trovava nella capitale proprio nel giorno del rapimento.
Analogamente a quanto succede in alcune regioni africane, uno dei business più profittevoli per i criminali haitiani è divenuto proprio quello dei rapimenti di stranieri, consapevoli che diversi Governi sono pronti a pagare lauti riscatti per i loro concittadini. Tuttavia, non è ancora chiaro se la dinamica si sia ripetuta anche con i diciassette.