Sale pericolosamente la tensione militare tra Kosovo e Serbia. La “guerra delle targhe” rischia di incendiare lo scontro iniziato nel 2008 quando il governo del Kosovo, si è dichiarato indipendente dalla Serbia, ma non è mai stato riconosciuto da Belgrado, Mosca, Pechino e altri Paesi dell’ONU. Da quel momento, la Serbia impone ai veicoli kosovari di esporre targhe serbe per poter circolare. Ma il rischio di escalation si è intensificato quando il governo kosovaro ha deciso che i veicoli provenienti dalla Serbia dovevano essere registrati con targhe provvisorie della validità di 60 giorni con l’emblema “Ks” per poter entrare nel territorio.
Da giorni centinaia di serbi stanno bloccando per protesta le strade che portano ai due valichi di frontiera. Durante il fine settimana, due uffici di registrazione dei veicoli kosovari sono stati attaccati dai manifestanti e il primo ministro kosovaro, Albin Kurti, ha accusato la Serbia di voler “provocare un conflitto”.
Le forze Nato di stanza in Kosovo hanno annunciato quini lunedì di aver intensificato i pattugliamenti. Belgrado ha inviato mezzi blindati al confine, nei pressi del Nord della sua antica provincia, dove la popolazione in maggioranza serba rigetta l’autorità del governo di Pristina.
Secondo la Nato, la situazione al confine è tranquilla nonostante le manovre di Belgrado, che ha inoltre inviato aerei militari a sorvolare la frontiera. La comunità internazionale, a partire dall’Unione Europea, ha chiesto “de-escalation” e “dialogo” di fronte al riesplodere delle tensioni sui Balcani.
Oggi partirà da Tirana la missione dei Balcani della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che intende preparare il terreno per il vertice Ue-Balcani del prossimo 6 ottobre e visiterà sia Pristina che Belgrado. “È importante che le parti si siedano insieme, mettano fine all’escalation verbale nella regione e trovino rapidamente una soluzione”, ha affermato Diana Spinant, portavoce della Commissione.
Kurti si è detto pronto a un dialogo con la Serbia sotto la guida dell’Ue, che da dieci anni cerca di aiutare i due avversari a normalizzare le relazioni. Il presidente serbo, Aleksandar Vucic, condiziona però la ripresa del processo di riconciliazione al ritiro delle forze speciali kosovare dal Nord del territorio. “Siamo attaccati alla salvaguardia della pace” ma “non permetteremo in nessun caso l’umiliazione della Serbia e dei suoi cittadini”, ha insistito Vucic dopo un incontro con gli ambasciatori occidentali.
Gli analisti sostengono che il periodo non è favorevole al compromesso, in quanto sia il Kosovo che la Serbia devono affrontare scadenze elettorali. A Pristina è previsto un voto amministrativo a ottobre, mentre l’anno prossimo in Serbia si terranno le elezioni politiche.