Ci risiamo. L’Europa e l’Occidente fanno l’ennesima volta lo stesso errore: leggere dati elettorali con gli stereotipi di casa nostra, con i media nostrani che fanno da cassa di risonanza senza uno straccio di analisi equilibrata, un po’ come se tifassero per qualcuno contro qualcun altro. A cosa mi riferisco? Alle elezioni parlamentari e dell’Assemblea degli Esperti della Repubblica Islamica dell’Iran. Mentre scriviamo questo articolo, ancora stanno arrivando i dati ufficiali. Eppure, durante lo spoglio dei voti, i media europei già titolavano sulla grande vittoria dei cosiddetti “riformisti”, ovvero la coalizione che l’occidente tifava sperando in una sorta di nuova rivoluzione liberale e democratica iraniana. In campagna elettorale tanti corrispondenti e grandi network parlavano apertamente di chi votare e di chi non votare: una sorta di “consiglio” agli elettori iraniani. Come sempre, l’Occidente cerca di applicare i propri criteri a strutture statali e culture totalmente diverse, con il bisogno di trovare un amico e un nemico e un futuro possibile più vicino alla matrice culturale occidentale. Niente di più sbagliato, perché questo furore ideologico non fa altro che cancellare una corretta analisi delle situazioni sul terreno e, personalmente, lo ritengo anche molto poco rispettoso nei confronti di Stati e popoli che forse non sentono neanche il bisogno di avere lo zampino occidentale in casa propria.
Torniamo alla cronaca dei fatti. L’Occidente ha deciso di puntare tutto sui cosiddetti “riformisti” contro i “conservatori”: i primi sono considerati come il nuovo (occidentale) che avanza. I secondi come quelli fermi all’anno zero, senza cultura e pieni di odio. Ovviamente né l’una né l’altra descrizione corrispondono alla realtà. Poco dopo la fine del turno elettorale, la notizia erano i 30 seggi di Teheran, capitale iraniana, tutti nelle mani dei riformisti. Ed ecco i titoloni: “I riformisti trionfano”. Peccato che già nella seconda città del paese, Mashad, i risultati erano uguali e contrari, con i “conservatori” dati per vincenti, come d’altra parte nel resto dell’Iran. Ovviamente però i titoli rimangono gli stessi: “Vittoria storica dei riformisti, in Iran cambia il vento”.
Devo ammetterlo: chi vi scrive non è un esperto di Iran da decenni, ma ci è andato personalmente e ha alcuni amici e conoscenti iraniani. Forse avrò capito poche cose del Paese, ma una su tutte è che gli iraniani sono fieri del loro sistema e non ammettono ingerenze straniere. La Rivoluzione Islamica di Khomeini ha prima di tutto cacciato proprio le potenze straniere che usavano lo Scià per amministrare l’Iran e di certo anche nei cosiddetti “riformisti” questo spirito non è messo in discussione. Come d’altra parte nelle elezioni non è messa in discussione l’architrave della Costituzione iraniana, la posizione della Guida Suprema e la naturale presenza dell’Islam Sciita in ogni singolo aspetto della loro vita quotidiana. Cerco di spiegarlo più semplicemente: se in Italia andasse al governo una forza anti-sistema, di certo non potrebbe abolire la Costituzione o il sistema democratico. Allo stesso modo, se in Iran fossero andati al governo i “riformisti”, non avrebbero potuto abolire la Costituzione o il sistema di governo.
Come persona che non conosce fino in fondo la realtà persiana, prima di scrivere questo articolo ho studiato il sistema elettorale iraniano e mi sono confrontato con chi lo conosce bene. Ecco, sarebbe bastato “perdere” un po’ di tempo per capire che le liste iraniane non sono partiti politici divisi e distanti come da noi. Basterebbe leggere alcuni nomi dei cosiddetti “riformisti”, come Motahari per esempio, per capire che l’orientamento degli eletti è molto diverso l’uno dall’altro e che comunque i principi della Rivoluzione Islamica non vengono traditi da nessuno dei candidati (che vengono approvati dal Consiglio dei Guardiani prima delle elezioni per essere in linea con i dettami della Rivoluzione e dell’Islam Sciita). Le liste vanno immaginate come aggregatori di candidati, ma negli stessi “riformisti” si trovano istanze molto diverse l’uno dall’altra e personalità che forse da noi chiameremmo di “centro” e che di certo non vogliono cambiare lo status quo derivante dalla Rivoluzione di Khomeini.
Ultimo appunto-consiglio per colleghi e amici che vogliono capire l’Iran. Si è votato anche per l’Assemblea degli Esperti che tra i suoi compiti ha anche quello di scegliere la prossima Guida Suprema. Anche in questo caso, la comunità internazionale ha quasi festeggiato la vittoria “riformista” nella capitale. Posto che a livello nazionale il dato è lo stesso, i “conservatori” sono maggioranza, ci sarebbe forse da dire che tutti gli eletti nell’Assemblea sono sapienti islamici che non a caso portano un turbante sul capo. Mi viene difficile pensare allora che anche chi è stato eletto nei “riformisti” sia pronto a una pseudo-rivoluzione in nome dei cosiddetti valori occidentali. La religione sciita vive a tutto tondo la propria religiosità, anche nel campo del sociale e della politica. Qualcosa di lontano dalla nostra idea secolarizzata, certo. Ma un modo di vivere diverso non significa che non debba essere rispettato da noi. O peggio, che l’Occidente debba tifare per un’idea che da noi ha un senso, ma che fuori dai nostri confini perde forza e sostanza. E soprattutto, quando smetteremo di auspicare rivoluzioni in casa d’altri quando forse dovremmo lavorare prima di tutto per fermare la deriva interna dell’Occidente?
Post scriptum: Oltre ai sapienti dell’Assemblea degli Esperti c’è anche una parte fondamentale gnostico/esoterica nella scelta della Guida Suprema. La presenza del Dodicesimo Imam andato in occultazione che guida le scelte della comunità islamica. Un po’ come, non me ne vogliano i teologi per questa semplificazione, la presenza dello Spirito Santo durante l’elezione del Papa in Vaticano. Ma anche di questo, ovviamente, non se ne parla.