Dopo giorni di accese deliberazioni, una giuria di New York ha emesso un verdetto parziale nel nuovo processo per violenza sessuale a carico di Harvey Weinstein. Il produttore cinematografico, già condannato in precedenza per altri reati simili, è stato riconosciuto colpevole di abusi sessuali di primo grado nei confronti di Miriam Haley. È stato invece assolto per l’accusa presentata da Kaja Sokola, mentre non è stato raggiunto un verdetto sull’accusa di stupro di terzo grado che coinvolge Jessica Mann.
Il processo, iniziato il 23 aprile, si è concentrato sulle denunce di tre donne: Haley, Mann e Sokola. Haley ha accusato il 73enne di averla aggredita nel luglio 2006 nel suo appartamento, mentre Sokola ha parlato di un’assalto simile avvenuto nello stesso anno in un hotel di Manhattan. Anche Mann, ha testimoniato di essere stata violentata nel 2013 in un albergo della Grande Mela.
Le deliberazioni, iniziate il 5 giugno, sono state caratterizzate da forti tensioni all’interno della giuria, composta da sette donne e cinque uomini. Il presidente dell’organo ha riferito al giudice di aver ricevuto commenti minacciosi da un altro membro durante la discussione relativa a Jessica Mann. In particolare, questi avrebbe detto “ci vediamo fuori”, come forma di pressione. La vicenda ha spinto la difesa a chiedere un rinvio a giudizio e a sollecitare la possibilità di una denuncia alla polizia.
Weinstein stesso, durante un’udienza, ha protestato con veemenza, lamentando di non stare ricevendo un processo equo e di sentirsi in pericolo. Il suo avvocato, Arthur Aidala, ha definito disgustosa la gestione della giuria, mentre il giudice ha minimizzato parlando di atteggiamenti infantili da “cortile di scuola”.
Il portavoce dell’ex magnate, Juda Engelmayer, ha definito la frammentazione del verdetto una vittoria, sottolineando come il produttore sia stato assolto dall’accusa più grave, quella di Sokola,ha inoltre voluto ricordare che il suo cliente ha già scontato oltre cinque anni per accuse analoghe.
Non si sono fatte attendere pure le reazioni delle accusatrici. Sokola si è detta comunque soddisfatta del verdetto, sottolineando che questo, al di là dell’assoluzione relativa alla sua accusa, era ciò che contava davvero. La sua avvocata, Lindsay Goldbrum, ha spiegato quanto fosse difficile dimostrare un reato avvenuto quasi vent’anni fa, ma ha elogiato Sokola per aver avuto la forza di rimanere fedele alla propria verità, contribuendo a smascherare un uomo che si credeva intoccabile.
Anche Haley ha definito incoraggiante la parziale condanna, affermando che offre speranza e contribuisce a scardinare il mito della “vittima perfetta”. La sua legale, Gloria Allred, ha dichiarato che Haley è stata “l’eroina di questo caso”, poiché la sua testimonianza è risultata determinante per due pene, compresa quella del primo processo.
Mann, protagonista dell’unico capo d’imputazione ancora irrisolto, ha invece sottolineato in una dichiarazione, come non avrebbe mai mentito su qualcosa di così traumatico e che farsi avanti le è costato tutto, dalla privacy alla sicurezza personale. Ha precisato di aver “messo a nudo il proprio trauma” solo per affermare la verità.
Il nuovo procedimento è nato dopo l’annullamento, nell’aprile 2024, della condanna del 2020 da parte della Corte d’Appello dello Stato di New York. La Corte ha ritenuto che, nella causa originale, il giudice avesse permesso ai pubblici ministeri di far testimoniare presunte vittime estranee alle accuse formali, compromettendo così il diritto dell’imputato a un processo equo.
L’istruttoria che avrebbe dovuto riprendere giovedì per continuare le deliberazioni sull’unica pendenza rimasta aperta: quella nei confronti di Mann è stata invece interrotta dal giudice per “mistrial” (errore di processo). Seppure le due decisioni già prese restino valide, per questo capo d’accusa dovrà essere ripetuta in data futura un’altra udienza.