C’è un merito, grande, nel documentario Billy Joel: And So It Goes, che ha inaugurato il Tribeca Film Festival 2025 con la sua prima mondiale al Beacon Theatre di New York: aver riportato al centro della conversazione culturale una figura troppo spesso confinata a playlist nostalgiche e cori da stadio. Billy Joel, non presente all’anteprima per motivi di salute, è uno dei pochi artisti che ha saputo raccontare l’America media con lucidità, malinconia e una buona dose di disordine interiore. Il documentario, scritto e diretto da Susan Lacy e Jessica Levin, è una lunga immersione nella sua vita e nella sua musica, con materiali d’archivio mai visti, interviste personali e performance intime. Una vera abbuffata di Joel, per fan e curiosi.
Ma oggi, inevitabilmente, And So It Goes si guarda con occhi diversi. Il 23 maggio, Joel ha annunciato l’annullamento di tutti i suoi concerti per i prossimi due anni a causa di un disturbo neurologico che ne compromette l’equilibrio, la vista e l’udito. Tre elementi fondamentali per chi, come lui, ha fatto del corpo, oltre che della voce, uno strumento espressivo sul palco.
La prima parte dura 147 minuti e si ferma al 1980. Una lunghezza che può sembrare eccessiva, ma che trova un senso nella natura iperattiva e tormentata dell’artista. Il film attraversa gli esordi, i contratti capestro, le prime battaglie artistiche, ma soprattutto i crolli personali: alcol, depressione, insonnia, tentativi di suicidio. È qui che And So It Goes abbandona il tono celebrativo e diventa una cronaca emotiva, faticosa ma autentica.
Il Billy Joel che emerge da And So It Goes è lontano dall’essere un’icona perfetta. È un uomo complicato, spesso ingestibile, che ha fatto danni anche a chi gli stava vicino. Emblematico, in tal senso, il suo legame con la moglie dell’ex migliore amico John Small, con il quale, da giovane, aveva fondato la band Attila: una vicenda che portò allo scioglimento definitivo del gruppo. Eppure, Joel ha saputo trasformare tutto questo in musica di livello altissimo. Alla luce della recente diagnosi neurologica, il documentario prende un’altra piega, più intima, quasi da resa dei conti. Ora è tutto in discussione. Eppure Joel continua a dire che “non sta morendo” e che, anzi, ha ancora voglia di raccontarsi. Questo documentario ne è la prova.