Il 18 marzo 2025, alla libreria Rizzoli di New York, Stefano Boeri e Francesca Cesa Bianchi hanno presentato Bosco Verticale. Morphology of a Vertical Forest, volume in lingua inglese curato da Stefano Boeri Architetti ed edito da Rizzoli che ripercorre la storia del celebre grattacielo milanese e ne analizza gli elementi chiave, raccogliendo contributi internazionali e un ampio repertorio fotografico.
Un’occasione per ritornare a una conversazione iniziata dieci anni fa. All’epoca, un grattacielo ricoperto di alberi sembrava un’idea marginale. Oggi, il Bosco Verticale è diventato un punto di riferimento per l’architettura contemporanea e per il dibattito sulla città del futuro. Stefano Boeri, l’architetto che lo ha ideato (con Boeri Studio), parla di una visione maturata nel tempo: “Il desiderio di costruire un’architettura che fosse una casa per gli alberi, che li trattasse come abitanti”.
Quando si parla di foreste verticali, l’esempio di Milano è inevitabile. Ma l’ambizione è più ampia. “Non si tratta di esportare un format”, sottolinea Boeri, “ma di rispondere a un’esigenza globale: reinserire la natura nel cuore delle metropoli”. Se Milano è riuscita a trasformare un’immagine urbana grigia e statica anche grazie a un progetto radicale, il principio può essere adattato altrove. New York? Perché no.
Una metropoli che integra il verde nel cuore stesso dell’architettura non cambierebbe solo paesaggio: cambierebbe identità. Non sarebbe più soltanto la città dei grattacieli che sfidano la gravità, ma anche di quelli che purificano l’aria, ospitano biodiversità, attutiscono il rumore e regolano la temperatura. Le facciate diventerebbero ecosistemi verticali, i balconi micro-habitat, e il verde non sarebbe più un’eccezione: diventerebbe una nuova regola urbana.

Lo sguardo si spinge anche oltre: edifici capaci di produrre energia, con pannelli solari integrati tra le chiome, sistemi di irrigazione automatizzati, alberi connessi tramite sensori e soluzioni avanzate per il monitoraggio ambientale. Ma per l’architetto milanese la vera innovazione resta un’altra: la cura. “La svolta sta in una relazione quotidiana, concreta, con il mondo vivente”.
Eppure la critica è nota: “Belle facciate verdi, ma poi?”. Boeri la prende sul serio. “La questione non è l’estetica, ma la concretezza. Le piante del Bosco Verticale crescono, cadono, si ammalano. Sono vive, reali. Non un orpello decorativo”. La differenza tra un’operazione autentica e il greenwashing sta nella trasparenza dei dati, nella misurabilità degli effetti, nella capacità di generare un impatto sociale. Perché se la sostenibilità resta un privilegio per pochi, diventa solo una nuova forma di esclusione. Un’illusione verde che non cambia davvero le cose.