Fra gli artisti esposti all’Istituto Italiano di Cultura a New York potrebbero esserci i prossimi Van Gogh, Michelangelo, Monet. Il direttore dell’IIC-NY Fabio Finotti ha accettato di accogliere le opere della mostra “Chiamata alle Arti – 2021-2024”, tutte realizzate dagli studenti delle Accademia di Belle Arti italiane, per dare voce ai giovani talenti aprendo loro una finestra sul mondo. Una quarantina i lavori, inaugurati ieri sera e in esposizione nella sede di Park Avenue fino al 13 dicembre.
Il progetto è cominciato circa quattro anni fa, quando la direttrice della Mucciaccia Gallery, Giulia Abate, si è impegnata per esporre le opere dei giovani studenti delle Accademie di Belle Arti con l’obiettivo di sostenerli. “Ho contattato gli istituti – da Nord a Sud, Bari, Bologna, Brera, Firenze, L’Aquila, Macerata, Napoli, Roma, Torino, Urbino, Venezia, Catania – e con l’aiuto dei docenti ho selezionato alcuni artisti. Tengo molto a questa mostra perché volevo creare una mappatura per dare rilievo alle diversità attraverso i linguaggi e le riflessioni di questi talenti in modo da raccontare quello che sta succedendo alla loro generazione”.
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Alla presentazione del progetto, anche il direttore dell’IIC Finotti ha subito concordato: “La notizia è che le Accademie italiane sono diventate il posto meno accademico del mondo. Sono ormai luogo di esplorazione dei linguaggi più recenti: dalla fotografia alla realtà virtuale, all’intelligenza artificiale. E vogliamo promuovere non solo gli artisti, ma i loro geniali docenti.”
Esposti nelle sale dell’Istituto ci sono quadri a olio dai toni sgargianti, ma anche statue in resina, video arte e sculture realizzate giocando con la tela e i colori. “Gli artisti – spiega Abate – colgono degli aspetti della realtà che non tutti riescono a vedere. Hanno una sensibilità particolare. Hanno un grande ruolo nel nostro tempo, quello di raccontare attraverso le loro visioni e riflessioni la vita. Tutti loro – la curatrice indica le opere esposte facendo riferimento agli autori – sono giovani, quindi ancora devono creare e approfondire la loro ricerca. Ma mi interessa anche saperli indirizzarli”.
La mostra funge da piattaforma per mettere in relazione varie esperienze artistiche distanti, ma in comunicazione fra di loro. Tutte le opere sono legate fra di loro da un’intuizione profonda e viscerale che appartiene all’artista e alla stessa curatrice che le ha riunite e selezionate in base alle immagini. Poi “dovevo sentire qualcosa che mi colpisse – commenta Abate. – Da lì ho contatto gli studenti chiedendo delle spiegazioni a riguardo. Vederle dal vivo è stato ancora più emozionante e decisivo”.
