Dopo le proteste pro-Palestina della scorsa primavera, la situazione alla Columbia University non sembra essersi distesa. La casa a Brooklyn Heights di Cas Holloway, Chief Operating Officer (COO) dell’università, è stata vandalizzata nella notte. Si sono ufficialmente dimessi i capi di tre uffici che erano stati rimossi dalle loro posizioni, ma mantenuti all’interno dell’amministrazione, per i messaggi con cui avevano deriso e minimizzato le denunce di antisemitismo degli studenti avanzati a una tavola rotonda lo scorso maggio. Infine, i comitati studenteschi che avevano organizzato l’accampamento nel prato del campus sono già al lavoro per riprendere le manifestazioni con l’inizio delle lezioni il prossimo settembre.
Venerdì mattina all’alba, la polizia di New York ha ricevuto una telefonata da Holloway che si lamentava di rumori sospetti fuori dalla porta di casa sua, nel quartiere residenziale e benestante di Brooklyn Heights. Arrivando sul posto, gli agenti hanno trovato dei simboli in vernice rossa – che alcuni sostengono fossero usati dai fascisti per marcare le abitazioni degli ebrei –, una finestra al piano terra in frantumi e dei volantini che criticavano il COO per aver mal gestito le proteste alla Columbia. Le indagini sono ancora in corso e, per il momento, non sono stati disposti arresti. Ma dalle telecamera di sorveglianza quattro sono i sospettati.
StopAntisemitism’s statement regarding Columbia University’s #TextGate:
“We are profoundly disappointed by Columbia University’s decision to retain the deans involved in the deeply troubling exchange of antisemitic text messages. Despite their removal from their posts, these… pic.twitter.com/dVLLO6EjW5
— StopAntisemitism (@StopAntisemites) July 8, 2024
Era stato definito “Textgate”, il caso dei messaggi derisori scambiati dai capi di tre uffici durante una tavola rotonda con gli studenti, lo scorso maggio, e resi pubblici – prima sul sito The Washington Free Beacon e poi da una commissione del Congresso che sta indagando sulle accuse di antisemitismo alla Columbia – con una fotografia scattata da una persona seduta alle loro spalle. Nei testi, i commenti erano basati sugli stereotipi antisemiti più comuni, quali “gli studenti provengono da posizioni privilegiate… È difficile sentire le loro lamentele”, “incredibile cosa si possa fare per soldi… Questo momento ha un enorme potenziale di raccolta fondi”.
Dopo essere stati rimossi dai loro ruoli, Susan Chang-Kim, ex vicepreside e direttrice amministrativa delle lauree di primo grado al Columbia College, Matthew Patashnick, ex preside associato per lo sportello di supporto agli studenti e alla famiglie, e Cristen Kromm, ex presidente dell’ufficio della vita accademica, hanno ufficialmente consegnato le loro dimissioni.

Durante l’estate, i comitati universitari che avevano organizzato l’accampamento nel campus della Columbia hanno continuato a lavorare per riprendere le manifestazioni il prossimo settembre. “Gli studenti continueranno il loro attivismo – ha dichiarato a The Hill Mahmoud Khalil, che sta partecipando alle negoziazioni con il consiglio accademico per conto della Columbia University Apartheid Divest. – Non solo proteste, non solo accampamenti, ma qualsiasi mezzo necessario per spingere la Columbia a disinvestire da Israele”.
L’annullamento delle cerimonie di laurea, gli oltre duemila arresti effettuati finora su scala nazionale e le conseguenze sulla carriera accademica che alcuni studenti stanno ancora tentando di risolvere non sembrano averli fermati. I consigli di amministrazione di diverse università, fra le quali Harvard, hanno cambiato approccio dichiarando di non prendere più posizioni ufficiali su questioni politiche e rinvigorendo le regole sugli accampamenti. Ma niente sembra far desistere i giovani. Anzi, verranno messe in atto nuove strategie per raggiungere quante più persone possibili. Per esempio, “un programma di istruzione politica per diffondere quello che sta succedendo in Palestina”, ha riferito Khalil. La stessa presidente Minouche Shafik ne è consapevole. In una dichiarazione recente, pubblicata lo scorso 24 luglio, ha spiegato che nel corso della pausa estiva l’uffici universitario di negoziazione e risoluzione dei conflitti interni ha continuato a dialogare con tutte le parti coinvolte per trovare un accordo.