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Al GEI, il rischio Italia non preoccupa i mercati internazionali

Il Gruppo Esponenti Italiani saluta Pierpaolo Monti, capo delle Americhe per Intesa Sanpaolo 

La Voce di New YorkbyLa Voce di New York
Al GEI, il rischio Italia non preoccupa i mercati internazionali

Il presidente del GEI Mario Calvo-Platero e il capo delle Americhe per Intesa Sanpaolo Pierpaolo Monti - Foto di VNY Media

Time: 4 mins read

A un incontro del GEI (Gruppo Esponenti Italiano), un’analisi condotta dal gruppo presenta un quadro rassicurante per le prospettive di tenuta del rischio Italia sul mercato internazionale. A questo, si aggiunge un interessante inquadramento del contesto competitivo del settore bancario italiano negli Stati Uniti offerto dal capo per le Americhe di Intesa Sanpaolo, Pierpaolo Monti.

Per Monti, 5 anni di permanenza a New York alla guida delle attività del gruppo sia per il Nord America che per il Sud America, c’è stato un sentito riconoscimento del pubblico anche per il suo ruolo nel Consiglio del GEI, dove ha contribuito attivamente allo sviluppo che il gruppo ha registrato negli ultimi anni.

Oltre all’applauso del pubblico, anche il rappresentante della Banca d’Italia negli Stati Uniti, Carmine Porello, ha salutato Monti ringraziandolo per la costante disponibilità offerta a collaborare con le istituzioni del Sistema Paese in America.

Il rapporto del GEI ha fatto da preambolo alla discussione alla quale hanno poi partecipato sia Monti che il pubblico in una vivace conversazione che ha confermato un quadro rassicurante della percezione del rischio Italia da parte dei mercati.

In sintesi, i mercati, secondo la relazione del presidente del GEI Mario Calvo-Platero, sono oggi preoccupati dalle dinamiche post-elettorali che riguardano ad esempio la Francia che potrebbe avviarsi verso un periodo di instabilità politica, problema che certo oggi non riguarda l’Italia.

Non solo, l’Italia, sul piano della crescita, ha dato prestazioni soddisfacenti generalmente superiori a quelle dei partner europei. Per la questione che in genere preoccupa di più i mercati, il richiamo di Bruxelles per un pronto rientro del rapporto disavanzo/PIL su parametri consoni alle regole, la raccomandazione del GEI è stata quella di seguire uno dei piani studiati negli ambienti finanziari internazionali. Invece di imporre un taglio complessivo immediato della spesa pubblica di circa 30 miliardi di euro, come previsto dalle regole comunitarie, il progetto è impostare un programma più a lungo termine, nell’arco di sette anni, con tagli pari a 11-13 miliardi all’anno. In aggiunta, ci sarà da rispettare alcuni parametri macroeconomici sul piano fiscale e su quello della spesa pubblica, tenendo conto dei progetti di investimenti previsti dal PNRR che potrebbero esercitare pressioni su alcuni dati.

La relazione del GEI ha sottolineato come il ritorno di Bruxelles ai rigidi parametri che impongono un rapporto deficit/PIL del 3% appare oggi controproducente in un mondo caratterizzato da rapide innovazioni tecnologiche che hanno spesso un impatto sull’occupazione e che possono richiedere temporanei periodi di politiche fiscali espansive (com’è successo del resto durante il Covid). Questa rigidità è inoltre controproducente sul fronte esterno all’Unione Europea, alla luce delle dinamiche competitive internazionali che vedono grandi Paesi industriali come gli Stati Uniti, che hanno goduto di stanziamenti per stimoli fiscali federali superiori anche di quattro volte a quanto stanziato dall’Europa per il PNRR. O come il Giappone o la Cina, con il primo che approfitta di una leva fiscale molto più ampia di quella che dovrebbe garantire il rapporto del 3% per poter sostenere l’economia e il secondo che opera in un regime statalista che esula da qualunque controllo pubblico.

Visto che l’Italia deve ancora ricevere circa 150 miliardi di euro di stanziamenti destinati a investimenti secondo i piani del PNNR, per evitare il rischio di possibili danni collaterali ai conti pubblici, si raccomanda di procedere con i progetti di investimento al più presto.

La raccomandazione del GEI, in ultima analisi, che ha fatto da preambolo alla discussione, è di procedere il più rapidamente possibile con una risoluzione del contenzioso ancora aperto con le autorità comunitarie, in modo da poter rassicurare i mercati e ridurre ancora l’attuale spread.

Sul tema sono intervenuti alcuni dei presenti, evidenziando, innanzitutto, come i tassi di crescita medi italiani dopo la pandemia siano stati migliori di quelli di altri Paesi europei, inclusi quelli chiave come Francia e Germania. E, in secondo luogo, l’importanza per l’Italia della favorevole dinamica degli investimenti e del mercato del lavoro, in un contesto in cui l’indebitamento complessivo del settore privato è più basso di molti altri Stati.

Monti ha invece sottolineato, nel contesto del quadro italiano, la dinamicità delle nostre imprese, che investono e si espandono negli Stati Uniti, spesso di dimensioni medio-piccole che costituiscono la spina dorsale delle nostre attività economiche e della nostra crescita.

Il presidente del GEI ha rilevato una marcata differenza tra le attività di banche internazionali europee e le banche italiane attive negli Stati Uniti, facendo un esempio. Crédit Agricole impiega in USA circa1000 persone, contro le 250 circa di Intesa Sanpaolo e le 150 circa di UniCredit. Eppure, in Europa la francese Crédite Agricole è una istituzione bancaria più piccola sia di Intesa Sanpaolo che di UniCredit”. Monti ha sottolineato che le attività operative di Intesa Sanpaolo negli Stati Uniti, focalizzate sul settore corporate e investment banking, sono decisamente confrontabili a quelle analoghe di molti protagonisti della concorrenza europea. “Siamo molto attivi in modo efficace su strategie che riguardano il finanziamento di attività italiane negli Stati Uniti, ma anche di progetti infrastrutturali nel mercato americano – ha spiegato Monti. – Ad esempio, abbiamo dato un significativo contribuito al progetto infrastrutturale dell’aeroporto JFK, alla costruzione della più importante wind farm mai costruita sul territorio americano, al nuovo terminal del porto di Miami oltre ad altri progetti nel campo della transizione energetica e digitale (energie rinnovabili, data center, fibra ottica, mobilità), spesso con spiccate caratteristiche di sostenibilità. Si tratta di competenze distintive che ci arricchiscono, anche pensando a grandi progetti infrastrutturali che sono, e saranno, sviluppati in Italia e che hanno consentito a Intesa Sanpaolo di partecipare nel 2023 al 21% del mercato del Project Finance a livello mondiale”.

Nella discussione è stato inoltre sottolineato un elemento di natura strutturale, cioè il calo degli investimenti diretti USA in Italia; inoltre, per storia e tradizione, le aziende italiane sono molto competitive sul fronte delle esportazioni, ma restano di dimensioni più contenute rispetto a quelle di grandi imprese francesi, tedesche, britanniche, che operano negli Stati Uniti su larga scala.

Proprio muovendo dal tema delle prospettive di internazionalizzazione delle nostre imprese, l’incontro si è concluso discutendo l’importanza di una significativa accelerazione della produttività per l’economia italiana, un ingrediente indispensabile per mitigare le conseguenze dell’invecchiamento della popolazione e ambire a raggiungere un ritmo sostenuto di crescita, garantendo sviluppo, opportunità di lavoro e redditi più alti.

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