Dopo la ricotta, l’aglio. All’Istituto Italiano di Cultura di New York si è chiuso il ciclo di eventi sugli ingredienti che identificano l’eccellenza gastronomica del Bel Paese. Ad accompagnare la scrittrice Germana Valentini, ci sono stati lo Chef Pasquale Cozzolino del ristorante Ribalta, nei pressi di Union Square, e Rock e John Positano, autori del libro Dinner with DiMaggio. Memories of an American Hero.
Il titolo del libro richiama al senso di unione che gli italiani e i loro discendenti nati e cresciuti negli Stati Uniti condividono: l’importanza dei pasti, soprattutto della cena, quando a fine giornata tutta la famiglia si ritrova a uno stesso tavolo e ciascuno si confessa. È un momento quasi sacro: a volte si chiudono affari o solo modo per festeggiare i successi. In generale, uno si mostra per quello che è davvero. Come raccontano i fratelli Positano, in poche persone hanno avuto il piacere e l’onore di cenare con Joe DiMaggio.
DiMaggio, italoamericano, è riconosciuto come iconica stella del baseball, riservato, a volte esigente, a volte di gran cuore, sempre impeccabile, leale, amico. Un gentleman. In pochissimi sanno che odiava l’aglio. Non ne mangiava mai, non perché non lo digeriva, ma perché all’epoca gli italoamericani erano discriminati per l’idea che ne usassero in grande quantità e che quindi puzzassero. Molte persone si rifiutavano di entrare nelle case degli immigrati italiani proprio per paura di “prendere gli odori”.
Lo stigma che ha perseguitato gli italiani trasferitisi negli Stati Uniti era ingiustificato, a partire dal modo con cui l’aglio viene utilizzato nella cucina nostrana. “Per quanto rimaniamo grandi consumatori – siamo al quarto posto, dopo Cina, Grecia e Spagna –, lo utilizziamo in modo equilibrato, in modo che anche l’odore e il sapore siano ben bilanciati e non vadano a coprire gli altri”, ha spiegato chef Cozzolino. Nei piatti Tricolori, “l’aglio viene lasciato cuocere qualche minuto nell’olio e poi tolto. Per stemperare il sapore forte, lo lasciamo a mollo nel latte o nell’acqua per almeno un’ora”.