Seppure i problemi di salute mentale a New York siano riconosciti come una grave emergenza, l’amministrazione Adams si appresta a chiudere entro fine giugno alcuni centri, conosciuti anche come “clubhouse”, che ospitano persone affette da questi disturbi. Almeno la metà delle 16 strutture presenti nella metropoli perderanno i loro finanziamenti perché destinati a residenze più grandi.
Centri, come Rainbow Clubhouse e l’Emma L. Bowen Community Service Center, entrambi situati a Harlem, rischiano lo sfratto allo scadere della convenzione con il comune. Non solo: a rimanere tagliate fuori anche le piccole realtà che si occupano di “gruppi demografici speciali”, come gli appartenenti alla comunità LGBT o gli anziani. “Non ci sono posti in cui andare nelle vicinanze”, ha dichiarato alla stampa il vicedirettore esecutivo del Bowen Center, Lawrence Fowler. “Quindi molte persone saranno abbandonate per strada”.
Le potenziali chiusure arrivano dopo che il Dipartimento della Salute di New York (SIM) ha annunciato i nuovi requisiti per le clubhouse e ha imposto alle sedi periferiche esistenti di ripresentare domanda per accedere ai finanziamenti. Gli oltre 30 milioni di dollari, che ogni anno supportano l’attività di questi centri, saranno principalmente investiti nell’apertura e nel consolidamento di altri locali situati in posizioni più centrali e che possono ospitare più di 300 pazienti.
“Il piano della città prevede più soldi per maggiori servizi e faremo tutto il necessario per mantenere intatte le comunità, – ha spiegato in una nota Il Dipartimento di SIM. – Il nostro obiettivo è raggiungere le migliaia di newyorkesi che sono attualmente esclusi dal sistema. Vogliamo espandere il modello di clubhouse, in modo che un numero sempre più consistente riceva assistenza”.
Le clubhouse mettono a disposizione di coloro che soffrono di disturbi mentali spazi comunitari per poter favorire lo sviluppo di reti di supporto. Vengono forniti collegamenti con il mondo del lavoro e garantiti momenti dedicati all’istruzione e alla creatività. Uno studio del 2018 ha evidenziato che il lavoro di queste strutture migliora la qualità della vita delle persone affette da malattia mentale e ne riduce i ricoveri e, conseguentemente, la spesa sanitaria.