Scendi dalla metropolitana e ti trovi di fronte a un trionfo di colori. Siamo a Bushwick, nel cuore di New York, dove un ragazzo portoricano apporta gli ultimi ritocchi a un graffito che ha eseguito su commissione sul muro di un bar: “Il proprietario del locale è un amico al quale faccio un favore – racconta Bom5, che proviene da Bronx. – Di solito mi faccio pagare e anche bene”.

Una volta erano considerati soltanto scarabocchi da cancellare, oggi da New York a Londra, da Milano a Berlino i graffiti sono ritenuti sempre più vere e proprie opere d’arte che impreziosiscono gli ambienti e i muri su cui vengono dipinti.
Numerose città del mondo riconoscono che la mano ispirata di qualche applaudito street artist contribuisce ad abbellire aree e costruzioni.

I resoconti delle agenzie americane, e non solo, indicano infatti che nei quartieri dove sono stati realizzati dipinti di nomi riconosciuti, i prezzi degli immobili sono aumentati dal 10% al 15% in base all’artista che li ha eseguiti.
Non ci ha impiegato molto tempo l’arte metropolitana nata per esprimere messaggi talvolta di protesta a passare dalla controcultura alla sua affermazione.


Negli anni ’60 e ’70 chiunque avesse una bomboletta di vernice spray poteva utilizzarla per dipingere. Dapprima furono i marciapiedi, poi i vagoni dei treni: tutto ciò che poteva essere colorato, per gli artisti improvvisati diventava una tela bianca.
Dalle metropolitane, ai muri, ai tetti, alle saracinesche di negozi e garage, è tutto un fiorire di disegni. Ma nel 1995 il sindaco della Big Apple Rudolph Giuliani istituì l’Anti-Graffiti Task Force e venne vietata la vendita di bombolette spray ai minorenni.
Oggi invece i proprietari degli edifici sono disposti a pagare, sempre alla continua ricerca di creativi disposti a rivitalizzare zone degradate o ai margini delle metropoli.
Harlem e Bronx a New York sono stati i quartieri emergenti di questo movimento che andava spesso di pari passo con altre forme d’espressione di musica o danza, il rap e l’hip-hop.

Questa arte nata e cresciuta per strada continua a non avere vita facile. Seppure molto ricercata dai galleristi spesso non viene apprezzata dalle amministrazioni locali che sono pronte a prendere provvedimenti, talvolta costosi, per cancellare o impedire la sua diffusione.
Difatti ancora oggi a New York i graffiti sono inseriti fra i reati minori, mentre nuove disposizioni prevedono condanne penali per chi scrive all’interno delle pitture parole o simboli riconducibili all’odio razziale.

Ma la street art ha continuato ad affermarsi grazie alla nascita di collettivi e associazioni spontanee, no profit, create per la sua tutela e valorizzazione. L’amministrazione del quartiere di Harlem ha anzi voluto premiare questa forma d’arte mettendo a disposizione una “Hall of fame”, dove su una serie di pannelli gli artisti emergenti sono invitati ad affinare le loro capacità. E’ consigliabile visitarla varie volte nel tempo in modo da vederla cambiare.
L’episodio più recente è il murales sulla parete dell’ospedale psichiatrico del carcere a Rikers Island. Towards a Brighter Tomorrow! di Dindga McCannon è stato realizzato con i pazienti ricoverati all’interno del NYC Health + Hospitals/Correctional Health Services’ Reentry Service Center affetti da disturbi mentali e dipendenti da sostanze. Nel disegno ci sono simboli legati alla comunità dai colori vivaci in netto contrasto con l’ambiente carcerario in cui è stata istallata. “È stato meraviglioso collaborare a questo murales con i pazienti di Rikers Island – sostiene McCannon. – Sono stati loro a suggerire il tema, oltre ad aiutarmi con entusiasmo a dipingerlo. Essendo una delle ultime cose che si vedrà dopo l’uscita da Rikers, invierà la persona a essere positive. L’arte è uno strumento straordinario che ogni persona dovrebbe apprezzare a un certo livello. C’è molto talento tra queste mura e spero che continui a fiorire”.

“L’arte all’aperto aiuta le nostre attività”, dichiara Dhinn, un venditore di souvenir del quartiere di Chinatown a Manhattan. “Dobbiamo inventarci qualcosa per attirare nuova clientela, creare esperienze e questo è un modo alternativo per farlo”.
Nel distretto sono visibili molti disegni ma soprattutto scritte enormi, colorate, “un altro espediente è infatti quello di incuriosire”, raccontano gli esercenti. Quando non si è catturati dalle forme una semplice scritta può attrarre ancora di più, si cerca di carpirne l’interpretazione.
Alcune aree urbane interessate dalla street art hanno però subito notevoli trasformazioni: hanno attirato nuovi investitori che a loro volta hanno rilanciato sul mercato gli immobili presenti che hanno avuto una lievitazione dei prezzi e fatto scappare chi pagava affitti.

Nel quartiere di Bushwick, diventato rapidamente un punto di riferimento per gli artisti che provengono da tutto il mondo, la street art è diventata un business che ha coinvolto le attività commerciali con creazioni personalizzate.

Disegni tridimensionali, ricoprono ovunque muri e superfici di una zona un po’ appartata a Nord di Jefferson Street dove abbiamo incontrato il giovane portoricano Bom5 che ci ha raccontato la sua poliedrica vita artistica: “Sono stato anche in Italia a studiare arte. Nel frattempo sono diventato anche un ballerino e un dj, un’esperienza creativa non può mai essere fine a se stessa”.
