È un popolo silenzioso e ordinato quello che affolla la metropolitana di New York ogni giorno, ascolta musica in cuffia, guarda i telefoni e soprattutto rimane appoggiato ai muri e ai pilastri ben lontano dalle rotaie.
Seppure nessuno lo dimostri apertamente, la paura per quello che potrebbe accadere è costante.
Quasi ogni giorno la cronaca racconta di sparatorie, rapine, aggressioni e soprattutto di quegli anonimi squilibrati che hanno spinto altri pendolari sotto i treni.
Mark ha 26 anni. Vive a Brooklyn e racconta: “Cosa possiamo fare? Dobbiamo spostarci in qualche modo e questo è il mezzo più rapido ed economico. Personalmente non ho mai vissuto situazioni pericolose ma ho assistito più di una volta a gruppi di ragazzi armati che si inseguivano”.
Nella stazione sulla 68th Strada e Lexington Avenue sul binario della linea 6 che scende giù fino a City Hall, si alzano le note di un trombettista jazz. L’infrastruttura qui appare più vecchia e sporca che altrove. Molti giovani sudamericani, parecchie donne orientali e nere in attesa di rientrare a casa rendono l’ambiente particolarmente multietnico e rispecchiano più che altrove il vero volto della metropoli.
Molti eludono i tornelli d’ingresso saltandoci sopra. Gli addetti della MTA li osservano rassegnati dalle loro postazioni, rinchiusi e protetti dal vetro. Non possono uscire e rincorrerli se non per gravi emergenze. Non si vedono poliziotti a questa fermata, quelli che l’amministrazione Adams dice di aver dispiegato per cercare di ripristinare ordine e sicurezza. Non si assiste ad alcuna perquisizione. Nessun controllo borse.

La metropolitana per New York è la città. Una lunga storia (dal 1932) con cui spesso non è andata a braccetto. Lenta, datata, sempre più pericolosa.
Evelynn, 22 anni, di Manhattan dichiara: “La paura ovviamente c’è e come donna aumenta. Cerco sempre di fare attenzione, di non rimanere mai da sola nelle carrozze e quando sono in attesa dei treni resto sempre appoggiata a qualsiasi cosa trovi per non espormi troppo ed essere vulnerabile”.
C’è stato un lungo periodo in cui i newyorkesi si erano sentiti al sicuro. Poi è arrivata la pandemia, il punto zero per molti aspetti, che ha sgomberato i convogli e il numero dei passeggeri, crollato di oltre il 90%. Ma ha lasciato posto alla follia che ha riempito quel vuoto.
I senza fissa dimora della città, non abbastanza provvista di un sistema di accoglienza e cure per la salute mentale, lasciati liberi, hanno trovato nei vagoni della metro e nelle stazioni un ricovero sicuro, ma contemporaneamente è aumentato anche il numero dei crimini e degli attacchi violenti nel sistema di transito.
La media negli ultimi tempi è di quasi oltre due persone al giorno spinte sui binari, senza distinzione di quartiere e questa è una realtà che desta sempre più inquietudini.

Il sindaco Eric Adams e il commissario della polizia di New York, Edward Caban, continuano a sostenere che la criminalità sarebbe diminuita, soprattutto nella subway dove il calo è del 23%.
Questa diminuzione sarebbe l’effetto immediato dell’immissione di 1000 agenti dislocati nei punti strategici e maggiormente trafficati della metropolitana. I maggiori controlli hanno portato al 53% di arresti in più.
“Milioni di newyorkesi dipendono dal trasporto pubblico – ha dichiarato Janno Lieber, presidente e CEO di MTA. – Il sistema deve essere sicuro”.
Chris, 28 anni e barba incolta, di Manhattan, invece, critica le statistiche di New York con scetticismo: “La paura c’è e continuerà a esserci fino a quando non verranno creati interventi risolutivi per i senza fissa dimora e i malati mentali. Non bastano i controlli, occorrono soluzioni concrete”.