Il Museo Americano di Storia Naturale di New York oggi chiuderà due sale, la Eastern Woodlands e la Great Plains Halls, che esponevano all’interno oggetti dei nativi americani ritenuti “gravemente obsoleti e culturalmente sensibili”.
Il complesso situato di fronte a Central Park, nell’Upper West Side a Manhattan, si unisce a altre istituzioni americane che già nelle scorse settimane avevano deciso di coprire o rimuovere mostre dei nativi americani, in risposta alle recenti modifiche delle normative federali che riguardano l’esposizione di spoglie e oggetti culturali.
Già in ottobre il presidente del museo Sean Decatur aveva dichiarato che tutti i resti umani sarebbero stati tolti dall’esposizione con lo scopo di poterli restituire alle tribù dei nativi e di migliorarne i rapporti.
“Le sale che sono state chiuse rappresentano un’epoca in cui musei come il nostro non rispettavano i valori, le prospettive e l’umanità condivisa dei popoli indigeni”, ha scritto Decatur in una lettera rivolta ai suoi collaboratori. “Le azioni che possono apparire improvvise per alcuni possono essere attese da tempo per altri”.
Anche il Field Museum di Chicago a inizio anno aveva deciso di coprire diverse mostre che contenevano oggetti dei nativi, così pure il Peabody Museum of Archaeology and Ethnology dell’Università di Harvard e Il Cleveland Museum of Art hanno dichiarato che adotteranno misure simili.

“Coprire i display o smontare le cose non è l’obiettivo”, ha affermato Shannon O’Loughlin, capo dell’Association on American Indian Affairs, un gruppo nazionale che invita da tempo i musei a conformarsi ai requisiti federali. “Si tratta di rimpatrio, di restituire gli oggetti alle tribù. Quindi questa è solo una parte di un processo molto più grande”.
Le nuove disposizioni relative al Native American Graves Protection and Repatriation Act del 1990, sono state pubblicate a dicembre dal Dipartimento degli Interni e includono requisiti più vasti di consultazione e consenso da parte delle tribù, per l’esposizione ma anche sulla ricerca dei manufatti degli oggetti funerari, sacri e delle salme.
In passato i nativi americani si erano lamentati che i musei e altre istituzioni ritardassero o addirittura ostacolassero la restituzione di oggetti che nella loro cultura avevano significati rilevanti.
“Esiste un’unica eccezione al rimpatrio: soltanto quando un museo o un’istituzione può dimostrare di aver ricevuto il consenso nel momento in cui l’oggetto è stato prelevato”, ha aggiunto O’Loughlin. “Ma la maggior parte delle istituzioni non può farlo, ovviamente, perché questi oggetti e corpi sono stati solitamente sottratti attraverso violenze, furti e saccheggi”.
Al momento il museo non ha fornito una tempistica per la riapertura delle aree ma Decatur ha riconosciuto che la loro chiusura causerà una sospensione delle visite da parte delle scolaresche che arrivavano con l’interesse di conoscere le tradizioni delle popolazioni del nord-est.
Myra Masiel-Zamora, archeologa e curatrice della Pechanga Band of Indians – un’area nella contea di Riverside in California dove ha sede la riserva degli indiani Luisenode – al New York Times ha dichiarato: “Finalmente siamo stati ascoltati – e non è una lotta, è una conversazione”.