Sono le prime luci dell’alba all’incrocio tra l’8a Avenue e la 44esima strada, nel cuore di Manhattan. A dire il vero, fa ancora in gran parte buio e il freddo punge la cute come uno spillo. C’è comunque tanta gente davanti al Row Hotel, quello che un tempo era un elegante hotel 4 stelle e che da oltre un anno è il principale shelter per richiedenti asilo di New York.
Non sono ancora le 6.30 del mattino di martedì che decine di genitori aspettano l’arrivo degli scuolabus gialli per portare i loro figli a scuola. Poco distante c’è un veicolo della polizia parcheggiato, mentre un gruppo di bambini infagottati compra succhi di frutta e patatine da un venditore ambulante.
La maggior parte degli inquilini dell’albergo – riservato a famiglie con figli – ha ricevuto nelle scorse ore un avviso formale da parte delle autorità cittadine: “Lasciare libero il proprio appartamento”. Tempo insomma di check-out per centinaia di persone che per settimane, o mesi, hanno trovato un tetto a un tiro di schioppo da Times Square.
Tutta ‘colpa’ del sindaco Eric Adams, che lo scorso autunno ha fissato a 60 giorni la durata massima di permanenza nei rifugi cittadini. Sono troppi gli immigrati di cui New York è chiamata a farsi carico, troppo poche le strutture a disposizione. Nella Grande Mela vige infatti il cosiddetto ‘right to shelter‘, che dal 1981 fissa un vero e proprio obbligo legale per la città di fornire un rifugio sicuro a ogni senzatetto.
La misura però ora è colma: dalla scorsa primavera, quasi 170.000 migranti sono partiti dal confine meridionale verso la Grande Mela, decine di migliaia dei quali messi su pullman di sola andata finanziati dai governatori repubblicani degli Stati di confine (specialmente il Texas di Greg Abbott). Non tutti sono rimasti nella Grande Mela. Alcuni hanno proseguito il viaggio sistemandosi da parenti, in altre metropoli oppure in qualche angolo della vasta landa americana.

Quasi 70.000 migranti vivono tutt’oggi in una babele composta da circa 200 alberghi, rifugi per senzatetto e tende giganti allestite in fretta e furia da funzionari comunali e organizzazioni no-profit. La mossa di Adams riguarda proprio una grossa fetta di loro, a partire dalle prime 4.400 famiglie di questi giorni.
Chi non ha una sistemazione alternativa non dovrebbe finire in strada: potrà comunque fare nuovamente richiesta di ospitalità nel vicino Roosevelt Hotel di Midtown, che funge da hotspot per gli immigrati arrivati recentemente.
Come se non bastasse un sistema di accoglienza pressoché saturo, ci si è messo anche il maltempo – che ha costretto ad evacuare temporaneamente 1.900 migranti attualmente ospitati in una tendostruttura nel sud-est di Brooklyn, martedì sera. Il trasferimento delle famiglie di migranti che vivono nei dormitori al Floyd Bennett Field, sulle rive della Jamaica Bay, è stato deciso “per garantire la sicurezza e il benessere delle persone che lavorano e vivono nel centro”, il quale è soggetto ad allagamento quando scende giù tanta pioggia. Gli evacuati dimoreranno nel frattempo in una scuola superiore di Brooklyn, ai cui studenti è stato prescritto qualche giorno di didattica a distanza.
L’evacuazione di massa decisa da Adams ha provocato lo sdegno della sinistra radicale del Partito Democratico, accusando il primo cittadino – anche lui dem – di star compiendo “una delle azioni più crudeli che la città abbia fatto da generazioni”, come ha affermato Brad Lander, supervisore dei conti di City Hall. I più colpiti sarebbero proprio i bambini, costretti a dover cambiare scuola – oltre a creare problemi per il recapito di posta per gli avvisi di comparizione dei tribunali per l’immigrazione.
Il vicepresidente senior del sistema ospedaliero pubblico della città, Ted Long, ha peraltro assicurato che la città darà priorità all’assistenza delle famiglie di immigrati con bambini piccoli per trovare una nuova sistemazione vicino alle loro scuole.

Oltre alla gestione dell’emergenza migratoria, il sindaco Adams vuole però misure rapide ed efficaci anche sul fronte della prevenzione, per evitare che la Grande Mela continui ad essere meta di flussi continui di migranti. Dal 27 dicembre il sindaco ha limitato le ore e i luoghi in cui i pullman charter che lasciano i migranti a New York possano circolare in città, introducendo norme più rigide e multe più salate.
Ma non è finita qui: la scorsa settimana l’amministrazione Adams ha citato in giudizio 17 compagnie di pullman, chiedendo che contribuiscano a risarcire la città dei 700 milioni di dollari sinora spesi per dare alloggio ai migranti da loro trasferiti, per conto terzi, sulle rive dell’Hudson.