L’American Museum of Natural History di New York dismetterà la sua collezione di circa 12.000 ossa umane dopo essere stato accusato di razzismo per averle sottratte dalle tombe di indigeni e neri.
Secondo un documento ufficiale acquisito dal New York Times, il museo ritirerà almeno una decina di reperti attualmente in mostra per poter indagare sulle loro origini e sulla loro identità.
“Le collezioni di resti umani sono state rese possibili da estremi squilibri di potere”, ha dichiarato il presidente Sean M. Decatur in una lettera inviata questa settimana al suo staff. “Inoltre, molti ricercatori del XIX e del XX secolo hanno utilizzato queste collezioni per portare avanti programmi scientifici profondamente sbagliati e radicati nella supremazia bianca, ossia l’identificazione di differenze fisiche che potessero rafforzare i modelli di gerarchia razziale”.
Il celebre museo, ubicato nell’Upper West Side di Manhattan, può contare su una delle principali collezioni globali di ossa e altri manufatti, tra cui uno scheletro completamente restaurato di un guerriero mongolo del 1000 d.C. e un grembiule tibetano fatto di ossa umane del XIX secolo.
A far scoppiare la polemica sono però gli scheletri prelevati dai cimiteri di località vicine – spesso appartenenti ad afroamericani o altre minoranze. Il New York Times fa l’esempio di una collezione costituita dalle ossa di cinque adulti neri trafugate nel 1903 da un cimitero di schiavi di Manhattan dedicato agli schiavi. Oppure la “collezione medica” di circa 400 persone malate e in gran parte povere di New York, morte negli anni ’40 e consegnate alle scuole di medicina prima di essere trasferite (forse illegalmente) al museo.
Ma c’è anche – e soprattutto – la maxi-collezione con i resti di 2.200 nativi americani, che il museo si è impegnato a restituire ai loro legittimi discendenti tre decenni fa, in base al Native-American Graves Protection and Repatriation Act. Da allora, tuttavia, ne sono stati rispediti appena un migliaio.
La nuova politica del museo prevede che i resti siano adeguatamente curati all’interno dell’istituzione fino all’approvazione della loro restituzione.
“Nessuno degli oggetti esposti è così essenziale per gli obiettivi e la narrazione della mostra da controbilanciare i dilemmi etici presentati dal fatto che i resti umani sono in alcuni casi esposti accanto e sullo stesso piano degli oggetti”, ha dichiarato Decatur nella sua lettera. “Si tratta di antenati e, in alcuni casi, di vittime di tragedie violente o di rappresentanti di gruppi che sono stati abusati e sfruttati, e l’atto dell’esposizione pubblica estende questo sfruttamento”.