Come previsto, a seguito delle nuove normative che prevedono la registrazione presso un database cittadino degli immobili destinati all’affitto breve, a New York City la disponibilità di unità su piattaforme come Airbnb sta vistosamente diminuendo.
Dall’apertura del portale di registrazione, avvenuta a marzo, l’Office of Special Enforcement (OSE) della città ha approvato solo 405 richieste di potenziali host per affitti a breve termine e gli ultimi dati rilasciati dall’agenzia hanno rivelato 214 rifiuti e 758 domande restituite al mittente in attesa di revisioni.
Nonostante l’ufficio preposto abbia ricevuto 4.624 domande in sei mesi, la stragrande maggioranza è ancora in attesa, infatti è almeno il 70% dei candidati che attende una risposta dall’agenzia, un’ attesa che viene vissuta anche con ansia visto che per molti di loro l’affitto breve è l’unico ingresso reddituale, in una città che fino al mese scorso offriva oltre 10.000 affitti a breve termine.
Le leggi statali e cittadine esistenti già proibivano soggiorni inferiori a 30 giorni senza la presenza permanente dell’inquilino o del proprietario, ma l’ultima stretta ha ulteriormente complicato la questione, sia per gli host privati che per le società che si erano create intorno a questo business.
Sono mesi che i candidati esprimono insoddisfazione per la lentezza del processo dell’OSE, per ottenere una decisione su una singola applicazione servono infatti in media almeno 50 giorni, sempre che l’ufficio non richieda delle revisioni, in quel caso le tempistiche si possono allungare di almeno un altro mese.
Man mano che le ripercussioni della nuova legge diventano evidenti, alcune piattaforme alternative stanno intensificando i loro sforzi per riempire il vuoto lasciato, mentre molti visitatori sono destinati a ravvivare il mercato degli hotel. Un’altra possibilità è invece quella di cercare affitti a breve termine dall’altra parte del George Washington Bridge, nel New Jersey, dove la legge non ha effetto. Una svolta inaspettata per il vicino Grande State?
