“Sono qui perché Donald Trump mi ha violentata”, ha detto E. Jean Carroll durante il primo giorno della sua testimonianza nella causa per diffamazione e aggressione contro Donald Trump. “L’ex presidente mente – ha detto la donna – e io sono qui per riprendermi la vita”. E tutti i particolari della violenza carnale, proprio tutti, sono stati raccontati in aula in una drammatica udienza in cui la donna, a volte tra le lacrime, ha raccontato ai giurati come un incontro occasionale con una delle personalità più in vista di New York si sia trasformato in una brutale aggressione sessuale.
E’ cominciata così, con un acuto, la fase dibattimentale del processo in cui E Jean Carroll, ha citato in giudizio civilmente l’ex presidente Donald Trump per averla aggredita e diffamata. Un procedimento giudiziario dopo che New York aveva approvato lo scorso anno l’Adult Survivors Act, un provvedimento della durata di un anno che dava la facoltà alle vittime di abusi sessuali di poter citare in giudizio, e quindi chiedere il risarcimento dei danni, persone che in passato le avevano aggredite sessualmente anche se i termini per la denuncia erano scaduti.
L’ex presidente nega e sul suo sito web nella notte ha scritto “E’ una storia falsa e fraudolenta. Una truffa. Una caccia alle streghe. Non ha urlato. Non ci sono testimoni. Nessuno ha visto nulla. Non c’è stata una denuncia alla polizia”. E poi “È un agente politico che mi vuole colpire”.
Accuse che non sono piaciute al magistrato che presiede il processo, Lewis A. Kaplan. Il giudice le ha interpretate come un modo dell’ex presidente per raccontare la sua verità senza presentarsi sul banco dei testimoni. Ad inizio dell’udienza, Kaplan ha redarguito l’ex presidente per i suoi commenti. Il giudice ha affermato che le dichiarazioni di Trump sono “del tutto inappropriate” e ha detto all’avvocato Joe Tacopina, che difende l’ex presidente, che Trump sta cercando di influenzare i giurati con i suoi post. “Se l’ex presidente vuole controbattere le accuse si presentasse in aula a testimoniare e non usare i suoi post sul web”. Il giudice ha anche sollecitato Tacopina a dire se Trump testimonierà di persona richiedendo una risposta questa settimana, aggiungendo che l’incertezza era un’imposizione alla sicurezza e al personale del tribunale.

Dopo i rimproveri a Trump E. Jean Carroll è salita sul banco dei testimoni. Giornalista, scrittrice ha drammaticamente testimoniato che Trump l’ha aggredita dopo un incontro casuale al grande magazzino Bergdorf Goodman a metà degli anni ’90. Carroll, 79 anni, ha detto di aver incrociato Trump davanti alla porta girevole di Bergdorf Goodman in un imprecisato giovedì sera della primavera del 1996. A quel tempo, stava scrivendo una rubrica di consigli sulla rivista Elle.
Trump era un magnate immobiliare e una figura sociale a New York. Ha detto che le ha chiesto consiglio sulla scelta di un regalo per una donna, e lei ha accettato, pensando che l’esperienza sarebbe stata divertente. Secondo Carroll, sono finiti in un reparto di lingerie, hanno scherzato tra loro su chi dovrebbe provare un body e sono andati in un camerino. Quindi, sostiene la donna, Trump l’ha sbattuta contro un muro, le ha tirato giù i collant e l’ha violentata mentre lei lottava contro di lui. Carroll ha detto che aveva paura di denunciare Trump perché avrebbe cercato di demonizzarla come ha fatto subito dopo che lei ha raccontato l’incidente in un libro di memorie del 2019.
“Ero estremamente confusa e all’improvviso mi sono resa conto di quello che stava accadendo”, ha detto E Jean Carroll, emozionandosi mentre raccontava la scena. Gran parte della sua testimonianza è stata solida, ma quando uno dei suoi avvocati, Mike Ferrara, le ha chiesto di raccontare i particolari della violenza, la testimone ha fatto una lunga pausa e ha cominciato a piangere.
Carroll ha detto che era confusa e ha impiegato un po’ di tempo per rendersi conto che il loro incontro era diventato un’aggressione sessuale. “Ha immediatamente chiuso la porta – ha detto la Carroll – e mi ha spinto contro il muro. E mi ha spinto così forte che mi ha fatto sbattere la testa. Ero confusa e all’improvviso mi sono resa conto quello che stava accadendo”. Ha testimoniato di non aver chiesto aiuto né urlato. “Suonerà strano: non volevo fare una scena”, ha detto. “Non volevo farlo arrabbiare con me. Tutto era iniziato come qualcosa di divertente, leggero e comico e qualcosa da raccontare alle persone con cui stai a cena, e improvvisamente è diventato un incubo”.
A quel tempo, ha detto Carroll, era alta 5’9 “e circa 120 libbre e indossava tacchi da 4 pollici, “La sua testa era accanto alla mia, respirava”, ha detto. “Tutto il suo peso è venuto contro il mio petto e mi ha bloccata. Non mi potevo muovere. E si è chinato e mi ha tirato giù i collant”, ha detto. “Ho cercato di spingerlo”, ha detto la donna alzando le braccia per mostrare il gesto. “Cercavo di divincolarmi da lui. Ma mi aveva tirato giù i collant e le sue dita sono entrate nella mia vagina ed ho provato una fitta di dolore”, ha detto.
“Poi cosa accadde?” ha chiesto il suo avvocato. “Poi ha inserito il suo pene”, ha detto piangendo. Dopo una pausa ha detto di essersi divincolata e a fuggire dal negozio.
Carroll ha detto di aver chiamato immediatamente un’amica, Lisa Birnbach, e il giorno dopo l’ha detto a un’altra amica, Carol Martin. Ha detto di non averlo mai raccontato a nessun altro questa storia fino a quando non ha scritto il libro nel 2019.
Poiché si tratta di una causa civile, Trump non è a rischio di condanna penale per la violenza sessuale. Ma è a rischio una condanna per diffamazione con l’eventuale risarcimento danni.