Un tribunale del lavoro statunitense ha condannato Starbucks per aver illegittimamente licenziato sei dipendenti nello Stato di New York solo perché avevano aderito a un sindacato.
Secondo il National Labor Relations Board (NLRB) – un’agenzia federale indipendente che protegge i diritti sindacali dei dipendenti privati – il gigante del caffè ha violato le leggi federali sul lavoro “in maniera oltraggiosa e ripetuta” nei suoi punti vendita di Buffalo e Rochester, minacciando tagli allo stipendio o persino licenziamenti per chiunque avesse osato iscriversi a un’organizzazione sindacale.
In una sentenza lunga oltre 200 pagine, il giudice Michael A. Rosas ha constatato “un generale disprezzo per i diritti fondamentali dei dipendenti”, ingiungendo perciò all’azienda di riassumere gli ex dipendenti – più un altro che era stato illegittimamente allontanato dalla sua posizione – e di risarcire le altre parti danneggiate.
Il tribunale ha inoltre affermato che l’azienda perseguitava e interrogava i suoi dipendenti e proibiva le conversazioni sui salari sul posto di lavoro. Inoltre, l’azienda avrebbe ripetutamente inviato personale di alto livello nei negozi “al fine di supervisionare, controllare o creare l’impressione che le attività sindacali dei dipendenti fossero sotto sorveglianza”
Starbucks ha risposto sostenendo che le sue attività erano legali e conformi alle normative. “Riteniamo che la decisione e i rimedi ordinati siano inadeguati alla luce dei precedenti e stiamo valutando tutte le opzioni per ottenere un’ulteriore revisione legale”, ha dichiarato l’azienda alla BBC.
L’anno scorso i dipendenti di circa 270 sedi Starbucks negli Stati Uniti hanno votato per diventare membri del sindacato. Nonostante i ripetuti tentativi di “tagliare le gambe” alla sindacalizzazione nei suoi punti vendita, in risposta al malcontento l’azienda ha recentemente aumentato i compensi e attuato altri miglioramenti.