Broadway celebra se stessa. Fra lustrini, paillettes, piume e neon risorge, come un’araba fenice dalle sue ceneri. Chiusa per 18 mesi per il Covid, sta faticosamente riportando di nuovo il pubblico nei teatri, lo strappa dal divano di casa con la magia dell’incontro con gli attori, le luci, le musiche, le parole, e insieme si festeggia, con un museo dedicato alla sua storia e alla sua arte, alle sue star e i suoi artigiani, al suo brillante insostenibile fascino: il Museum of Broadway. Sembra strano che non ci fosse già – raccontano le due fondatrici Julie Boardman e Diane Nicoletti. Quando ci siamo incontrate per discutere l’idea che aveva avuto Julie – prosegue Diane – non potevo credere che non ci avesse pensato già qualcuno. Abbiamo cominciato a fare indagini per capire se il pubblico potesse essere interessato e se da parte dei produttori di Broadway ci potesse essere collaborazione a darci quello che poteva servire a raccontare la storia di Broadway ed eccoci qua!
Julie e Diane mi parlano su zoom, amiche fin dai tempi dell’università avevano preso strade diverse, Julie produttrice di Broadway, Dianne, di lontane origini nel sud italia, creatrice di una agenzia di marketing. Cinque anni fa hanno immaginato insieme il museo, hanno preso accordi con i produttori e le associazioni, American Theatre Wing, Broadway League, Playbill, Broadway Cares, trovato lo spazio dove un tempo era un Irish pub e negli uffici dei piani superiori, una “location” perfetta, sulla west 45th street accanto al Lyceum Theater: erano pronte per l’inaugurazione nel 2020, ma è arrivato il covid. Bloccate per due anni hanno accumulato ancora più materiali per quello che è un viaggio virtuale nel tempo e nello spazio.

Le origini di Broadway risalgono al 1732, quando i teatri erano downtown, dove ora si trovano il Financial District e Chinatown. Solo alla fine dell’800 si trasferiscono intorno alla 44esima strada: allora gli attori bianchi si tingevano la faccia di nero per interpretare i neri, andavano in scena i minstrel shows e il vaudeville. Bisogna arrivare al 1910-20 per vedere in scena attori neri che interpretavano finalmente se stessi come in Porgy di Du Bose Heyward del 1927, da cui sarà tratto il celebre Porgy and Bess del 1935. Queste cose, e tante altre, le racconta velocemente un breve filmato, curato da Jennifer Ashley Tepper, amica di Julie e autrice di libri sulla storia di Broadway. Si trova nella seconda sala del museo, la prima è tutta dedicata alle locandine delle attuali produzioni in scena a Broadway (con il qr code si possono prenotare lì per il lì i biglietti), andando avanti si troveranno cimeli di 500 allestimenti che si sono susseguiti nel tempo. Ci raccontano che Broadway è riuscita a superare molte crisi. La depressione degli anni ’30 che ha fatto fallire parecchi teatri, trasformandoli in cinema, la crisi finanziaria di New York degli anni ’70 che ha ridotto Times Square in una piazza di spaccio e prostituzione, l’Aids.

Un grande patchwork con riquadri dedicati alle produzioni degli anni ’80, da Cats! a Les Misérables, ricorda la grande battaglia contro l’Aids che ha ucciso quasi una generazione di artisti di Broadway. Angels in America del 92 di Tony Kushner e poi Rent, ispirato a La Boheme con l’Aids al posto della tubercolosi, trasferirono questa tragedia sul palcoscenico. Il Covid è solo l’ultima di una serie di crisi succedutesi nel tempo, ma le fondatrici del Museo sono positive. Non sappiamo come cambierà Broadway – spiega Julie – certo è bellissimo vedere che i 41 teatri sono pieni sempre con ogni tipo di show. Negli anni ci sono stati molti “ups and downs” ma Broadway si è sempre ripresa. bisogna vedere come reagisce il pubblico. il turismo si è ripreso, l’85% dei turisti sono tornati a New York, anche Broadway si riprenderà.
Il turismo è stata la parola chiave per Broadway, che negli ultimi anni ha investito proprio su mega show per attirarli. La strategia aveva funzionato: nel 2019 erano stati venduti 66.6 milioni di biglietti. Il covid, ha ridotto l’affluenza a 22 milioni. La ripresa è lenta, gennaio è stato un mese difficile in cui molti shows sono stati costretti a chiudere, persino Il Fantasma dell’Opera il musical di Andrew Lloyd Webber, in scena da 35 anni, chiuderà i battenti in aprile.

Quello che sembra andare molto bene è invece il museo che registra grande affluenza di pubblico, formato perlopiù di…. turisti. Non si fermano a leggere i testi esplicativi, che con una app possono facilmente tradurre in diverse lingue, ma si incantano di fronte a scene e costumi colorati adatti a Instagram. E si fanno la foto davanti a The Phantom of the opera piuttosto che il neon di The Wiz.

La narrazione visiva era un punto fermo per noi nell’allestire il museo – spiega Julie – è difficile ricordare nomi e date, la gente consuma informazioni e contenuti in modo differente, ormai, e noi volevamo assicurarci che il museo fosse al contempo divertente e educativo.
Il Wall Street Journal ha definito l’operazione una attrazione per i dollari dei turisti (Touting for tourist dollars ha titolato), aggiungendo che più che una celebrazione dell’arte è una luccicante estensione promozionale dell’industria. Di certo i biglietti costano di più che in un altro museo cittadino, dai 39 ai 49 dollari, a seconda della fascia oraria prescelta, di certo gli allestimenti delle sale risentono degli spazi limitati che gli ex uffici hanno offerto e le spiegazioni entusiaste degli ambasciatori, aspiranti attori che lavorano lì in attesa che arrivi la grande occasione, non colmano le lacune per un frequentatore abituale di Broadway. Ma bastano il luccichio e le musiche, che accompagnano da una sala all’altra, a riempire la visita del turista e il negozio la sua borsa dei ricordi.
