“Con dolore informo che Benedetto XVI è deceduto oggi alle ore 9:34”. Queste le parole del portavoce del Vaticano Matteo Bruni. Il Papa emerito si è spento a 95 anni nel monastero Mater Ecclesiae, in Città del Vaticano, dove risiedeva dalla sua rinuncia al ministero petrino comunicata nel 2013.
Cinque anni prima, l’8 febbraio 2008, furono in molti a rimanere stupiti quando Joseph Ratzinger diede l’annuncio di una visita ufficiale negli Stati Uniti e rivelò il programma di quei 5 giorni di metà aprile.
Partenza dall’Aeroporto Leonardo da Vinci alla volta di Washington, dove avrebbe incontrato alla Casa Bianca il presidente George W. Bush, prima di spostarsi a New York e diventare il primo pontefice a visitare Ground Zero e dedicare un momento di preghiera alle vittime dell’11 settembre 2001.
Poi, il discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Sedeva su una poltrona bianca di fianco al podio, mentre veniva presentato alla sala gremita per l’occasione.
Il suo fu un monologo ricco di argomenti. Parlò di rispetto dei diritti come unica vera via per la sicurezza, di libertà di culto anche nella sfera politica e rimarcò il dovere dell’Onu di intervenire a tutela delle popolazioni. Un discorso che letto oggi, con la guerra in Ucraina e la brutale repressione dei manifestanti in Iran, appare premonitore.
Erano i 60 anni dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, che Benedetto XVI decise di celebrare parlando per più di mezz’ora, accolto da una lunga standing ovation da parte dei 192 rappresentanti dell’Assemblea.
Il Papa diede merito all’azione umanitaria dell’Onu “alla cui attività la Chiesa è lieta di essere associata”. Parole non scontate, visto che qualche mese prima, nel dicembre del 2007, tra la Santa Sede e il Palazzo di Vetro i rapporti si raffreddarono dopo un duro attacco di Ratzinger che si scagliò contro “il relativismo morale che domina gli organismi internazionali e dimentica la dignità dell’uomo”.
Prima dell’intervento, ci fu un colloquio con il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, che simbolicamente lo aveva atteso e ricevuto fuori dalla sede. “L’Onu è un’istituzione laica, ma il lavoro dei suoi uomini è motivato dalla fede”, il saluto del sudcoreano. Fu il terzo pontefice a intervenire all’Assemblea Generale dopo Paolo VI e Wojtyla.
Dalla First Avenue fino a Ground Zero, il Papa sotto il cielo grigio di una New York appena uscita dall’inverno si recò poi al cratere delle Torri Gemelle, circondato dal silenzio dei fedeli che arrivarono in migliaia per assistere alla cerimonia.
La Papa Mobile lo lasciò a metà del tragitto transennato per l’occasione e colorato dalle bandiere esposte ai lati della passerella. Arrivò a piedi sull’altare, dove si inginocchiò e iniziò a pregare. “In questo luogo, scena di incredibile violenza e dolore, ti chiediamo (Dio) di dare luce e pace eterne a tutti coloro che qui sono morti”. Non scordò nessuno nei suoi ringraziamenti: soccorritori, pompieri, poliziotti, e personale dell’autorità portuale, citati “insieme a tutti gli uomini e le donne innocenti che furono vittime di questa tragedia semplicemente perché il loro lavoro o servizio li portò qui l’11 settembre del 2001”.
Ci fu poi l’incontro con i superstiti, 1.100 persone che quella strage l’avevano vissuta in prima persona. Tra loro ne furono estratte a sorte 24: 16 che persero un familiare nel crollo delle torri, 4 superstiti e 4 sopravvissuti. In lontananza, alcuni manifestanti innalzarono striscioni di protesta, sovrastati dalla folla accorsa per applaudire il Papa.
Come alle Nazioni Unite, anche a Ground Zero invocò la pace: “Dio, porta la Tua pace nel nostro mondo violento, pace nei cuori di tutti gli uomini e le donne e pace tra le Nazioni della terra. Volgi verso il Tuo cammino di amore coloro che hanno il cuore e la mente consumati dall’odio. Rivolgi il Tuo sguardo su di noi, popolo di molte fedi e tradizioni diverse,
che siamo riuniti oggi in questo luogo, scenario di incredibile violenza e dolore.
“Concedi a coloro le cui vite sono state risparmiate di poter vivere in modo che le vite perdute qui non siano state perdute in vano. Confortaci e consolaci, rafforzaci nella speranza e concedici la saggezza e il coraggio di lavorare instancabilmente per un mondo in cui pace e amore autentici regnino tra le Nazioni e nei cuori di tutti”.
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