Martedì il primo autobus è arrivato alle 6 della mattina dopo un viaggio di oltre 3.000 chilometri durato più di 30 ore. A bordo decine di ispanici che avevano varcato il confine fra il Messico e il Texas senza la dovuta documentazione. Appena giunti negli Stati Uniti il governatore del Texas — il repubblicano Greg Abbott — li aveva fatti caricare a bordo di un autobus con destinazione New York. Il messaggio: “A voi liberals di New York piacciono così tanto gli immigrati illegali? Ecco, ve li mandiamo tutti. Pensateci voi”.
Un’ora dopo era arrivato il secondo autobus, seguito da un terzo giunto a destinazione precisamente alle 7:16 e un quarto bus che aveva raggiunto il Bronx alle 7:40. Quasi cinque ore dopo — alle 12:25 — era arrivato il quinto e ultimo autobus della giornata. Un ritmo simile si era verificato anche il giorno precedente. Lunedì la prima ondata di arrivi era iniziata alle 5:50 del mattino, poi un altro carico alle 5:58, uno successivo alle 6:12 e per ultimo un bus era giunto a destinazione alle 6:21.
Punto di arrivo di tutti gli immigranti senza documentazione spediti a New York è Orchard Beach, un’enorme area parcheggio di cui conoscevo l’esistenza solamente grazie a un grande cartello segnaletico che vedo ogni volta che vado a City Island. Permettetemi una piccola deviazione al racconto, ben più importante, di migliaia di immigranti che dopo avere lasciato la disperazione economica nei loro rispettivi paesi si sono trovati davanti alla spietata cattiveria politica di Abbott.
Conosco il parcheggio di Orchard Beach perché almeno un paio di volte all’anno vado a City Island, un’isoletta nel Bronx collegata alla terra ferma da un ponte. A City Island il tempo si é fermato. Si tratta di una sorta di villaggetto di pescatori con notevole presenza italo-americana. Ed è in questo strano angolo tecnicamente all’interno di New York City che mi reco un paio di volte all’anno per una bella mangiata con vista di una baia dove le barche a vela galleggiano dolcemente sull’acqua.
Forse la vista dal parcheggio di Orchard Beach non è dissimile da quella che descrivo io. Certo però che l’esperienza degli ispanici distrutti da trenta e passa ore di autobus è ben differente. Arrivano per lo più senza sapere una parola d’inglese e senza la pur vaga idea di che cosa ne sarà di loro. Neppure il sindaco di New York sa bene che cosa farne di migliaia e migliaia di individui e famiglie che stanno mettendo a dura prova le risorse della città.

Lunedì a Orchard Beach hanno incominciato a tirar su un’enorme tendopoli per accogliere gli ispanici in arrivo. Nulla di definitivo, sia chiaro. Le tende serviranno solamente come centro di accoglienza per un massimo di quattro giorni, il tempo sufficiente per registrare ogni arrivo e definire la destinazione successiva.
Come destinazione ci sono due opzioni che per il momento il sindaco Adams è in grado di offrire. La prima sono i rifugi per senzatetto e la seconda sono alberghi di New York che l’amministrazione municipale prende in affitto per far fronte all’emergenza immigranti.
Sta emergendo anche una terza soluzione — navi-crociera temporaneamente fuori uso a bordo delle quali accogliere gli immigrati ispanici senza casa. Un’idea che era circolata già nel 2002, quando Michael Bloomberg era sindaco di New York. Già allora era stata fortemente criticata: è facile Immaginare quanto dannose sarebbero immagini di immigrati illegali a bordo per esempio delle navi-crociera della Norwegian Cruise Line, una delle società che è stata contattata in fase esplorativa da Frank Carone, il capo del gabinetto del sindaco Adams.

L’atteggiamento del repubblicano Abbott è chiaramente punitivo. Punitivo sia nei confronti degli immigrati che arrivano senza permesso di soggiorno che nei confronti di uno Stato a maggioranza democratica come New York. Abbotto punisce anche i texani. Alcuni autobus infatti vengono dirottati su El Paso, città texana di confine il cui sindaco é democratico.
I numeri sono spaventosi. Eric Adams prevede che arriveranno fra i 50mila e i 75mila immigrati. Il che significa circa la stesso numero di senzatetto che esistono a New York. A livello pratico dunque è l’equivalente di raddoppiare la preesistente popolazione “homeless”. I costi sono altrettanto spaventosi. Per New York gestire la rete di “shelters” (ricoveri) è un costo pari a circa 3 miliardi di dollari all’anno. Se raddoppiano i numeri di coloro che hanno bisogno un tetto sopra la testa, presumibilmente anche i costi raddoppieranno. D’accordo che Adams chiederà l’assistenza anche allo Stato di New York e al governo federale. Ma si tratta ugualmente di una cifra spaventosa.
C’è un ulteriore problema: la popolazione di senzatetto newyorkesi era già cresciuta di 4.000 unità prima che gli autobus dal Texas portassero nuovi arrivati. Non solo: gli homeless locali stanno nei ricoveri pubblici per un periodo più lungo che non in passato. Si parla in media di 500 giorni prima di ottenere un alloggio permanente. A chi dare la precedenza, dunque? Dal Texas ne sono già arrivati più di diecimila. E ogni giorno centinaia di nuovi arrivati scendono dagli autobus a Orchard Beach.

Ma per il momento l’urgenza principale è la tendopoli. Nel vasto parcheggio verranno eretti cinque tendoni riscaldati, ognuno dei quali potrà accogliere fino a 1000 persone. Da un punto di vista legale il meccanismo é molto semplice. A New York esiste una legge chiamata “right to shelter”, cioè il diritto all’accoglienza per chi ne ha bisogno. Ma perfino coloro che tendono la mano agli immigrati senza documenti ritengono che questa soluzione non sia adeguata. “Siamo estremamente preoccupati per la situazione in cui si troveranno i gruppi familiari”, sostengono coloro che lavorano per la Legal Aid Society, un gruppo che offre assistenza legale gratuita agli immigrati. “I bambini non dovrebbero venire a contatto con migliaia di adulti sconosciuti”.
Adams non ha accolto bene queste critiche sottolineando che la sua amministrazione si trova sotto pressione in una situazione di profonda emergenza, “provocata dalla cattiveria del governatore Greg Abbott”.
La soluzione non l’ho sicuramente in testa io. Certo che ogni giorno mi viene in testa la famosa affermazione kennediana: non domandatevi quello che lo stato può fare per voi. Domandatevi che cosa potete fare voi per lo stato. C’é qualcosa che ogni singolo di noi può fare per dare un contributo benché minimo?