New York potrebbe essere presto bombardata e finire in mano ai russi.
Non c’è errore in questa frase, perché New York non è solo al di là dell’Oceano Atlantico. A poco più di 40 km da Doneskt, città del Donbass e roccaforte dei ribelli formalmente riconosciuta dal presidente Vladimir Putin in un recente discorso alla nazione, c’è una località che per settant’anni si è chiamata Novgorodske. Così era sulle mappe fino a poco tempo fa, quando la Russia, con un’escalation che ancora non accenna a concludersi, ha iniziato a minacciare l’integrità territoriale ucraina.
Sentendo il pericolo sulla pelle, i cittadini di Novgorodske hanno voluto reagire. Nessun gesto violento, niente fucili sotto braccio o granate attaccate alla cintura. Hanno scelto di cambiare nome alla loro cittadina, un conglomerato che conta poco meno di 10.000 persone.

E tra tutti i nomi hanno scelto New York. “Tra di noi ci diciamo che i russi hanno troppa paura di bombardare New York”, racconta Tetyana Krasko, responsabile del centro culturale dell’ex Novgorodske. In realtà, il nome non è un caso. La città si chiamava già così prima del 1951, quando l’Unione Sovietica decise di cambiarlo: non poteva sopportare di tenere tra i confini una località che ricordasse il simbolo dei nemici occidentali. Chi lo scelse per primo rimane però ancora un mistero, ma l’ipotesi più accreditata sostiene che ad assegnarlo sia stato un gruppo di coloni tedeschi arrivati in questa parte di Ucraina nell’Ottocento. Nessuno lo sa con certezza e persino Krasko, che della cultura cittadina è la custode, è convinta che al dubbio non verrà mai data risposta.
A New York sono rimasti in pochi, le strade sono deserte e, così come a Kiev, il rumore più frequente in questi giorni è quello delle esplosioni. Chi vive ancora lì non vede il futuro con ottimismo. “Stare qui è molto difficile – racconta Ella Pylypenko, una casalinga – in primo luogo perché non ci sono posti in cui lavorare, i salari sono bassi e siamo vicini al confine”.
La guerra, per loro, è infatti uno scenario familiare. Le case sono situate vicino alla linea del fronte tra l’esercito ucraino e la Repubblica popolare di Donetsk e il conflitto del 2014, quello iniziato con l’annessione della Crimea alla Russia, è ancora negli occhi di tutti. Allora persero la vita in molti, tra civili e militari, e i residenti hanno paura che anche stavolta si possa rivivere lo stesso incubo.
Klava Blynska, un’anziana residente che ci ha passato la vita, non è stupita di ciò che sta accendo. “Ho già visto tutto prima – confessa – perché i russi hanno preso questa decisione?”.
I giovani vogliono scappare e costruirsi il futuro altrove, lontano dalle mura dove sono nati e cresciuti. “Diventeremo grandi e forse potremo andarcene da qui – dice sconsolato Sergei, uno studente universitario – non so quanto durerà la guerra, quindi immagino dovremo lasciare presto la città”.
Così, circondata dalle campagne desolate di un’Ucraina scossa dalla forza delle bombe, c’è una New York che non somiglia affatto a quella da cui scriviamo e che siamo abituati a conoscere. Una New York povera, disabitata e sofferente, destinata a spegnersi sotto il metallo delle armi e la sfiducia di un popolo che non si sente più a casa.