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October 12, 2020
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Il coronavirus fa un’altra vittima a New York: Addio al Roosevelt Hotel

Il 31 ottobre il lussuoso hotel di Manhattan chiuderà i battenti, lasciando a casa ben cinquecento dipendenti. Il lusso lo ha punito

Andrea ViscontibyAndrea Visconti
Il coronavirus fa un’altra vittima a New York: Addio al Roosevelt Hotel

Facciata esteriore di The Roosevelt Hotel, New York (theroosevelthotel.com)

Time: 3 mins read

Jennifer Lopez conosce bene Il Roosevelt Hotel. È l’albergo di New York che fu usato per ambientare “Maid in New York”, un film del 2002 nel quale l’attrice/cantante si era calata nei panni di una donna delle pulizie. In un albergo di lusso a Manhattan aveva incontrato il suo principe azzurro, Ralph Fiennes. Nella fantasia cinematografica del regista l’hotel si chiamava Beresford e si ispirava al leggendario Waldorf Astoria. In realtà le riprese erano avvenute al Roosevelt, un albergo a pochi isolati dal Waldorf, simile per sfarzo e opulenza.

Il Roosevelt — che fu chiamato così in onore del presidente Theodore Roosevelt —fu completato nel 1924, pochi anni prima del Waldorf. La sua storia dunque, il suo stile e l’effetto cinematografico sono assai simili. Ma la sua storia sta volgendo a termine. Il Roosevelt sta per chiudere definitivamente. Gli ultimi clienti dovranno andarsene entro il 31 ottobre. Quello sarà l’ultimo giorno di lavoro per i suoi cinquecento dipendenti. Anche il Roosevelt è vittima del coronavirus.

“The Roosvelet Hotel”, New York (theroosevelthotel.com)

“A causa dell’attuale situazione senza precedenti e le continue incertezze a seguito dell’impatto del Covid-19 la proprietà del Roosevelt Hotel ha preso la difficile decisione di chiudere l’albergo e i dipendenti ne hanno ricevuto notifica questa settimana”, si legge in un comunicato diffuso un paio di giorni fa. “Il leggendario hotel, cosí come gran parte di New York, si trova davanti a una richiesta di prenotazioni estremamente bassa e come tale cesserà tutte le operazioni prima della fine dell’anno. Al momento attuale non ci sono piani futuri per l’edificio”.

L’albergo occupa un palazzo di sedici piani sulla 45sima Strada all’angolo di Madison Avenue. Per anni era attivo un tunnel che collegava il Roosevelt alla vicina Grand Central Station, una comodità che era particolarmente apprezzata dagli illustri clienti dell’hotel che venivano a New York in treno, il principale mezzo di trasporto nella prima metà del Diciannovesimo secolo.

La sorte del Roosevelt è simile a quella che sta travolgendo altri alberghi di New York. Per esempio l’hotel Hilton a Times Square ha chiuso nelle ultime settimane. Nella zona di Times Square c’erano 46 alberghi. Ora ce ne sono solamente 26 aperti. Che il prossimo possa essere il leggendario Algonquin Hotel, famoso per i salotti letterari di Dorothy Parker? In agosto era occupato al 40 per cento. Lo stesso mese l’anno precedente l’80 per cento delle camere erano pronotate.  

Lobby del “The Roosvelet Hotel”, New York

Molti altri alberghi si trovano con l’acqua alla gola. Manc il business generato da uomini d’affari e turisti. Ai tre aeroporti di New York gli arrivi internazionali sono calati del 93 per cento. Praticamente gli stranieri in visita a New York negli ultimi sette mesi sono stati niente più che una manciata. 

Ad aiutare alcuni alberghi è stato il Comune che ha trasformato molti hotel in rifugi temporanei per senzatetto. È stato un modo per far fronte alla pandemia spostando i senzatetto da dormitori comuni a camere individuali per contenere i contagi. Così facendo 147 alberghi sono rimasti aperti grazie a fondi pubblici. Ma in alcune parti della città i residenti del quartiere sono stati durissimi nella loro opposizione ai senzatetto sostenendo, a volte a ragione, che fra questi c’erano alcolizzati, drogati o hanno turbe mentali.

Il Roosevelt era troppo sfarzoso per diventare un rifugio per senzatetto. Con i suoi preziosi lampadari, soffitti a cassettone dorati, tappeti persiani e pavimenti in marmo era troppo di lusso per le necessità del Comune. Ironicamente è stato proprio il lusso a punirlo.

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Andrea Visconti

Andrea Visconti

Andrea Visconti New York Stories è anche il nome della mia pagina Facebook. É una rubrica in cui cerco di cogliere spunti di riflessione sulla quotidianità nella più importante metropoli al mondo, al di là del suo glamour. Per oltre vent’anni sono stato corrispondente da New York per i giornali locali del Gruppo Espresso/Repubblica. Ho collaborato a La Repubblica e al settimanale L’Espresso, lavorando anche nel settore multimediale con video per Repubblica TV e un podcast per Repubblica Sera. Sono stato per anni collaboratore di Radio Capital con uno spazio settimanale fisso su New York. Andrea Visconti New York Stories is the name of my Facebook Page. In my online column I try to develop topics that make us reflect on life in the most important metropolis in the world. For over twenty years, I was the New York based correspondent for the chain of regional newspapers of La Repubblica/L’Espresso. I contributed to La Repubblica and to the newsweekly L’Espresso, with a special interest in their multimedia platforms, such as Republica TV and Repubblica Sera. For several years I contributed to Radio Capital with a weekly radio spot from New York.

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