Messo in grande evidenza sotto la voce “shopping” il mega emporio Century 21 appare nelle principali guide turistiche di New York. È il più grande stocchista al mondo: compra all’ingrosso da tutte le grandi marche e vende rimanenze del controstagione a prezzi stracciati.
Quanti sono i turisti italiani che hanno visitato New York e hanno passato ore a frugare da Century 21? Quanti sono tornati in Italia con valige piene di affaroni pescati dalle grucce o sugli scaffali del megastore al numero 21 di Dey Street? Moltissimi, perché da anni questa catena commerciale è un punto di riferimento tanto importante quanto una visita in traghetto alla Statua della Libertà, un giro giù per la spirale del Guggenheim Museum o una passeggiata a zonzo per Central Park. Ma è venuto il momento che le guide turistiche aggiornino le loro informazioni.

Century 21 chiude definitivamente. L’intera catena chiude, tutti e quindici i negozi, compreso quello principale a due passi da Ground Zero. È una delusione enorme per i turisti ma è una notizia devastante per i dipendenti. A perdere il posto di lavoro saranno oltre 4000 persone che si vanno ad aggiungere ai 650mila disoccupati a New York. Per la stragrande maggioranza di loro è stata l’epidemia del Covid a far perdere il posto.
Neppure il terrorismo non era riuscito schiacciare Century 21. Aveva chiuso l’11 settembre 2001 quando il duplice attacco al World Trade Center aveva spazzato via ogni forma di quotidianitá nell’intera zona del distretto finanziario. Il crollo delle due torri aveva distrutto tutte le vetrine e coperto di cenere ogni capo di abbigliamento e ogni centimetro del negozio. Ma era stata una chiusura temporanea durata solamente cinque mesi. Il 28 febbraio 2002 c’era stata una cerimonia per la riapertura, presente perfino l’allora sindaco Bloomberg che aveva tagliato il nastro. Ma diciott’anni dopo la pandemia è stata più forte del fondamentalismo islamico.
Century 21 cessa le attività qualche mese prima di poter celebrare il suo sessantesimo anniversario. Era nato nel 1961 con un singolo negozietto non lontano da Wall Street. Erano stati due immigrati ebrei — Al e Sonny Gindi — ad avere l’idea di offrire abbigliamento di marca a prezzi da mercato rionale.
C’è una differenza fondamentale fra quello che avvenne nel 2001 e quanto sta avvenendo adesso. Allora la compagnia d’assicurazione era venuta in loro soccorso, accettando il caso di forza maggiore per atto terroristico. Ma nel 2020 la polizza assicurativa non prevede fondi in caso di pandemia. Servivano 175 milioni di dollari per stare a galla ma l’assicurazione ha detto no.

Bancarotta per Century 21, ma fallimento anche per i negozi di Brooks Brothers. Per il momento tutti i punti vendita a New York rimangono rigorosamente chiusi, senza alcuna indicazione di quando le cose potrebbero cambiare. La decisione spetta ai nuovi acquirenti del gruppo che comunque si sono impegnati a riaprire solo la metà dei negozi Brooks Brothers che esistevano prima della pandemia. Fallimento anche per il brand Neiman Marcus che ha dovuto chiudere un lussuosissimo punto vendita a New York. Meno di un anno fa aveva aperto con grande fanfara nella zona trendy di Hudson Yards, ma poi è arrivato il coronavirus e in fretta e furia ha smantellato tutto.
C’è chi si vuole convincere che New York si riprenderà in fretta dalla pandemia. Chi pensa che sia solamente il ripetersi di smottamenti già avvenuti in passato, da cui New York è sempre uscita a testa alta. Io sono di tutt’altra idea. Penso che il coronavirus abbia colpito qualcosa di fondamentale, in un modo molto più potente che due aerei di linea scaraventati volutamente ai piani alti del World Trade Center.

In queste stupende giornate di inizio autunno New York sembra gradevolmente tranquilla. Non frenetica come al solito, meno auto che intasano le strade, meno gente che affolla gli incroci. Ma è un’illusione. Ci sono le vetrine vuote di attività commerciali che hanno gettato la spugna. Grattacieli al 90 percento vuoti per assenza di impiegati. Strade parzialmente vuote per mancanza di turisti. Ristoranti per lo più vuoti perché ci sono pochi newyorkesi disposti a spendere.
Non c’è nulla di rassicurante in tutto questo. Dietro all’apparente gradevole tranquillità si nasconde l’ansia di un autunno difficile a cui farà seguito un inverno difficile a cui farà seguito un 2021 difficile. Si è messa in moto una spirale discendente e quando le cose riprenderanno — fra due o tre anni — per Century 21 sarà troppo tardi.