Uno dei vantaggi indiretti del coronavirus è che, forse almeno per quest’anno, ha risettato le stagioni. I newyorkesi sono abituati da decenni a considerare la stagione estiva da Memorial Day a Labor Day — inizia a fine maggio e termina arbitrariamente il primo lunedì di settembre. Una storpiatura che mette da parte quello che avevamo imparato a scuola. L’estate, ci avevano insegnato, prende il via il 21 giugno e chiude il 21 settembre. Giorno più, giorno meno, dipendentemente dall’anno.
Come era avvenuta questa manipolazione del calendario? Erano state le agenzie immobiliari che avevano stabilito che “the season”, la stagione delle case in affitto al mare o in campagna sarebbe andata dal weekend del Memorial Day a quello del Labor Day. In mezzo c’era un periodo di circa quattordici settimane. Il mercato principale per questo tipo di affitti da anni sono gli Hamptons, quella lingua di terra privilegiata in fondo a Long Island. Con il Labor Day questa magnifica tasca d’America tradizionalmente cambia volto da un giorno all’altro cambiavano faccia. Il lunedì festivo le spiagge si svuotano presto e già nel primo pomeriggio si forma un’interminabile coda di auto lungo la Route 27, la strada principale che percorre da un capo all’altro quella fascia di terra fortunata chiamata East End. Le auto in coda a passo d’uomo rivelano inequivocabilmente la fine della stagione. Kayak legato sul tetto, biciclette ben fissate sul retro, borse e valigie in ogni angolo e, soprattutto, il volto imbronciato dei bambini abbronzati per i quali é venuta “la fine della stagione”.
Non quest’anno. Niente grande traffico del rientro a fine stagione. Me lo assicura Nick, una delle fonti più affidabili degli Hamptons. “Direi che solamente il 30 per cento dei newyorkesi tornerà in città con la fine del Labor Day weekend”, mi dice il barbiere di Amagansett che da anni e anni, con suo suocero Vinnie, taglia i capelli per 24 dollari. Sulle due poltrone della loro bottega si alternano i “bonikers”, cioé i nativi di East Hampton, e “the city people”, quelli che vengono dalla città.

Attraverso numerose conversazioni e rapidi scambi fra un taglio e l’altro Nick si é fatto l’idea che due terzi dei “non-locals” non torneranno a New York per un bel pezzo. Gente che prima del lockdown lavorava nei grattacieli del centro di Manhattan ora non ha motivo di rientrare perché gli uffici rimangono rigorosamente chiusi fino a data da definirsi. C’é chi sa già che il suo ufficio non riaprirà fino almeno alla fine del 2020. Chi pensa che non tornerà alla sua scrivania fino alla primavera del 2021. Chi ritiene che lavorare da casa sia diventato ormai lo standard seguito da molte aziende. Gli Hamptons in smart working dunque sono destinati a proseguire. Ne é prova il fatto che da mesi le reti del Wi-Fi sono sovraccariche, con un numero imprecisato di persone che ogni giorno stanno in riunione virtuale per ore su Zoom o altre piattaforme simili. Le proteste per la qualità scadente del servizio sono all’ordine del giorno.
Per chi ha figli tuttavia la situazione potrebbe essere diversa. Le scuole di New York riapriranno il 21 settembre ed entro quella data molte famiglie stanno programmando di fare ritorno. Il 21 settembre coincide con l’inizio dell’autunno. Ecco dunque che il calendario viene risettato e la stagione estiva viene ad essere esattamente della durata che ci si dovrebbe aspettare. Fino a quel giorno di settembre le spiagge degli Hamptons continueranno a essere frequentate, certamente non piene come in luglio e agosto ma lontane dall’essere semi deserte come nei mesi di settembre passati.

Per l’economia locale il coronavirus, dispiace ammetterlo, é stata una fortuna. I supermercati hanno lavorato a pieno ritmo da marzo in poi. I negozi di vino e alcolici per sei mesi hanno lavorato come solitamente lavorano in luglio e agosto. I baracchini che vendono frutta e verdura colta direttamente dai campi non hanno avuto un giorno di riposo da mesi e mesi. Anche ai ristoranti della zona é andata relativamente bene perché, a differenza dei locali di New York, hanno avuto il permesso di aprire le sale interne oltre ad avere tavoli in giardino o in terrazza.

A soffrire invece sono stati i servizi di catering che normalmente lavorano a pieno ritmo durante l’alta stagione. Quest’anno invece di party non ce ne sono stati. Nessun evento mondano tipo le innumerevoli serate di beneficienza che di solito riempiono il calendario in luglio e agosto. Un evento dietro a l’altro nel tentativo di scucire soldi ai ricchi che sono di casa agli Hamptons. Una raccolta-fondi per un’organizzazione a difesa dell’ambiente, un altro party per un gruppo che finanzia la causa del #metoo, un altro ancora in appoggio della lotta contro il tumore al seno. E via, uno dietro all’altro, dozzine e dozzine di cosiddetti “benefits” dove i super-ricchi degli Hamptons fanno a gara a chi dona di più. Tutto questo é stato inesistente durante le quattordici settimane della “stagione estiva”. Anche i ricchi sono andati in lockdown e si puó solo sperare che le donazioni di denaro siano avvenute anche senza l’ammiccamento di una sontuosa soireé in giardino.
Possiamo forse sperare che questi mesi di coronavirus abbiano ridimensionato tutto, anche questo fazzoletto di privilegio che sono gli Hamptons. Sicuramente hanno ridimensionato il calendario che ci rassicura che ancora dopo il Labor Day é ancora estate. Ma ha ridimensionato anche chi viveva la stagione balneare con la frenesia di un evento sociale dopo l’altro. Sono state invece settimane di relax che forse anche fra i privilegiati degli Hamptons hanno riportato il gusto di starsene a casa in famiglia.