È da martedì sera che la protesta “Occupy City Hall” ha invaso il parco davanti al Municipio di New York City. La richiesta principale dei manifestanti: una riduzione di un miliardo di dollari ai fondi annuali della NYPD, che nell’ultimo anno ne ha spesi sei miliardi. L’azione è a tempo, con la scadenza del bilancio della città, che deve essere ratificato entro il 30 giugno. L’occupazione è la continuazione di un movimento nazionale per riformare la polizia dopo la morte di George Floyd soffocato da un poliziotto di Minneapolis. “Stiamo chiedendo al movimento di occupare questo spazio, perché non vogliamo che se la cavino con il fatto che siamo distratti dalle numerosi crisi che stiamo passando in questo momento,” mi dice Jawanza James Williams, dirigente di VOCAL-NY, l’organizzazione dietro la protesta.
Da qualche dozzina la prima notte, il gruppo di Occupy City Hall è cresciuto mercoledì pomeriggio, e arrivati alla seconda notte, ne vediamo parecchie centinaia. La zona occupata è circondata da una ventina di poliziotti, che osservano i manifestanti accampati a distanza. L’atmosfera è festiva e speranzosa, concerti funk a fianco delle discussioni sul razzismo sistemico. Ogni tanto si distaccano dei gruppi dal centro di attività par manifestare intorno al parco. Verso le dieci ecco una lezione per insegnare come fare un blocco umano, nel caso di un incontro-scontro con la polizia.
Il City Council, braccio legislativo del governo newyorchese, si è finora mostrato reattivo al movimento nazionale per riformare la polizia. La settimana scorsa, hanno approvato varie riforme, costringendo poliziotti a sempre tener visibile il numero del distintivo, e creando un corpo di supervisione per la tecnologia di sorveglianza del NYPD. Hanno approvato persino la richiesta principale dei manifestanti, proponendo un taglio di un miliardo di dollari al bilancio della polizia. Quest’ultimo va verificato proprio adesso con il sindaco, Bill De Blasio, il quale è sotto pressione di ratificarlo entro il 30 giugno. Tutti segni positivi per il movimento, ma se invece le loro priorità verranno ignorate? “Il piano a quel punto sarà di ritenerli responsabili – cioè scoprire perché il budget non è passato, chi è che dobbiamo votare contro nelle prossime elezioni,” dice Kareem, organizzatore con VOCAL-NY. “Continueremo il dialogo fra la nostra direzione e membri per continuare con altri eventi, altre proteste”.
La strategia di rimanere sul posto parecchi giorni può presentare difficolta logistiche, ma finora sono riusciti a soddisfare ogni bisogno. Una fila di volontari sta dietro tavole piene di oggetti utili per il momento – maschere protettive, protezione solare, toilette – pronti a distribuire, o a rispondere le domande per nuovi arrivi. Di fianco alle tavole, altri oggetti più grandi (e.g. sacchi a pelo) e una scorta impressionante di acqua e snacks che dura nonostante la folla. Le vettovaglie arrivano grazie alle richieste di donazioni comunicate online alla loro rete di sostenitori; mercoledì pomeriggio VOCAL-NY ha comunicato su Instagram che la protesta era così ben fornita che non hanno più bisogno di altro.
Imprese locali danno appoggio anche loro alla protesta, come il Flea Theater e Gibney Dance Studio, che aprono i loro bagni ai manifestanti entro certi orari. “Rimanendo qua, controlliamo noi la narrativa” dice Jawanza. “New York è unica, speciale. Tanta gente nelle città del mondo ci guarda per essere ispirata, e guardandoci adesso è terrorizzata. Se noi, cittadini politicamente attivi di New York, non abbiamo il potere di sfidare un sindaco, che cosa pensiamo di fare contro Donald Trump?”