Come ogni 19 settembre da secoli a questa parte, anche quest’anno Napoli si è riunita nella sua solita incantevole, echeggiante celebrazione del miracolo di San Gennaro. Il Santo Patrono della capitale partenopea, e la potenza spirituale del suo mito, si ritrovano però stranamente osannati anche nell’oltre-oceano, in quella terra ai confini del mondo, alla quale neanche il martire in sé avrebbe mai potuto credere. Mulberry Street, il rettilineo nel cuore della Litte Italy newyorkese, ospita in fatti, nei giorni tra il 13 e il 23 settembre, una propria, autorevole festa di San Gennaro: the Feast of San Gennaro.
Il Vescovo di Benevento, reso martire sotto Dioclezano, salvaguarda ormai da più di un millennio la città dai devastanti capricci della natura, e del Vesuvio con lei. Simbolo di protezione e devozione, è sepolto, assieme alle sue reliquie, nello splendore del Duomo di Napoli. Ogni anno, all’interno di quelle accecanti mura di marmo bianco, la città assiste, stringendosi insieme, al miracolo di San Gennaro: la liquefazione del sangue. Anche se ovviamente nulla di tutto ciò accade in quel di Mulberry Street, una statua del Santo, rilevata apposta da Napoli, è portata in processione lungo la stretta stradina, e poi riposta di fronte alla Shrine Church of the Most Precious Blood – una piccola cappella ispirata al Duomo partenopeo e dedicata all’immensa rilevanza spirituale di San Gennaro. La piccola cappella, eretta alla fine del diciannovesimo secolo dall’ancora piccola comunità di immigrati napoletani, diventò subito un punto di riferimento per i nuovi approdati. Si trasformò infatti velocemente in un fondamentale centro di spiritualità partenopea, tanto che, il 19 settembre del 1926, si congrega intorno ad essa la prima vera e propria Feast of San Gennaro oltre-oceano. Ma cosa vuol dire, novanta-due anni dopo, celebrare il santo patrono di Napoli nella realtà multiculturale di New York?
In termini di festeggiamenti, vuol dire qualcosa di completamente diverso da ciò che il miracolo di San Gennaro comporta a Napoli. Di fatti, dove i festeggiamenti napoletani riflettono la spiritualità, la vicinanza, ed il senso di comunità dei suoi abitanti, il pulsante ecosistema di baracchini, ristoranti, e negozi che inonda il panorama di Little Italy, si avvicina molto di più ad un’allegra sagra. Per una settimana, in fatti, venditori di frittelle, cannoli, gelato, pizza, e pasta, sfilano paralleli ai bassi profili dei palazzi circostanti, e si propongono, con urla in inglese, italiano, e spagnolo al fiume di passanti che gli scorre davanti. Il cibo, come a Napoli, dunque, non manca. Ciò che però sbiadisce la profondità dei festeggiamenti è il trattamento commerciale alle sue spalle. Dove a Napoli il piatto forte è la miracolante spiritualità che San Gennaro evoca, con cibo, e vino nel ruolo di felici contorni, a New York le masse si concentrano quasi unicamente sul mangiare e sul bere, lasciando solo a pochi una celata e sbiadita nota di trascendenza.
Giustamente, a New York tutto ciò interessa poco, e comunque a Mulberry Street a malapena si riesce a camminare. Per i commercianti e ristoratori di Little Italy, è la settimana più impegnata dell’anno. La festa porta fiumi di turisti e cittadini. Quindi, anche per gli esponenti delle fantastiche idee partenopee (culinarie e non), l’evento si trasforma, per forza di cose, nella più importante opportunità finanziaria dell’anno: la migliore vetrina che il loro business avrà per i prossimi trecentosessantacinque giorni. I ristoratori, dunque, devono badare molto più alle loro offerte, ai loro sconti, e ai loro baracchini, lasciando scivolare San Gennaro e la sua storia in un pigro secondo piano.

Detto questo, anche nel 2018, ed anche agli occhi di una gioventù sempre più lontana dal misticismo e dalla religione, l’icona di San Gennaro, sospesa di fronte ad un gigante murales di Lady Liberty, se inquadrata dal punto giusto, soffia una strana tramontana d’indipendenza. I due sommi simboli, uno di libertà ed uno di protezione, paiono cospirare nella creazione di un commovente messaggio di ciò che lega le diverse sfaccettature dell’umanità. La signora, splendida e colorata, accoglie orgogliosa chi cerca rifugio nella sua libertà esistenziale. Dai mattoni del suo muro cerca con lo sguardo l’amorevole protezione di San Gennaro, come per estenderla ad ogni amante della sua sconfinata libertà. Lady Liberty accoglie, lasciando liberi i suoi sudditi, che in turno la ripagano con le loro stesse profonde promesse di protezione spirituale. La storia d’amore che nasce tra queste due mistiche realtà è un riflesso cristallino di ciò che l’America (e New York soprattutto), ha sempre rappresentato per il mondo, e per i giovani italiani – un posto dove poter essere ciò che si vuole, rimanendo fondamentalmente sé stessi, un posto dove venire a contatto con un’infinità di culture, senza dover rinunciare alla propria.
In un America scossa e divisa, con un’impronta socio-culturale ben diversa (e meno inclusiva) rispetto a quelle di tempi passati, questo inaspettato legame soffia aria di speranza negli stanchi polmoni di un giovane immigrato. In un certo senso, quindi, pur senza la profondità religiosa che circonda la festa di San Gennaro a Napoli, quella New Yorkese assume una fisionomia unica a sé stessa, diventando una singolare, bellissima celebrazione della protezione della libertà. Certo, il cittadino Americano medio ci va per mangiare e comprare, ma ciò che può sembrare una spudorata speculazione commerciale, se inquadrata dal punto giusto diventa il commovente ritratto di una storia d’amore tra valori culturali fondamentalmente diversi, ma inesorabilmente innamorati.