E’ un brulicare di persone, pacchetti, luci, decorazioni. New York a pochi giorni dal fatidico 25 dicembre sembra un unico, grande villaggio di Babbo Natale oversized, forse giusto un po’ meno romantico dell’originale perché a esatta misura del tempio del capitalismo occidentale per eccellenza. Passeggiando lungo la Broadway o la Fifth Avenue la domenica prima di Natale, la folla che si riversa per le strade dello shopping è talmente folta che non si può far altro che camminare e farsi trascinare dalla corrente. A completare l’atmosfera, i depositi di neve rimasti dalla perturbazione di qualche giorno fa, e quelle musichette natalizie che, uscendo dai negozi, ti investono all’improvviso, e poi ti seguono imperterrite, sovrapponendosi ad altri jingle che sbucano di continuo procedendo di blocco in blocco. Insomma: per chi odiasse il Natale, è caldamente sconsigliato recarsi a New York in questa stagione.
Lo avete capito: infilarsi nelle vie dello shopping a 8 giorni dalla “Holy Night” è un’esperienza per soli coraggiosi. Ma oltre che per coraggiosi, è anche un’esperienza da italiani. Sì, perché i connazionali che camminano per le “vasche” dello shopping più famose al mondo sono tanti, tantissimi. Non è un caso che New York resti in cima alla classifica delle mete preferite dai nostri connazionali per il periodo natalizio su Expedia. Anche Kayak.it conferma il trend e pone la Grande Mela al primo posto, seguita dalla più esotica Bangkok e dall’europea Londra, il cui costo medio dei voli è aumentato, rispettivamente, del 19% e del 40%. Oltretutto, quest’anno gli italiani si concederanno delle vacanze più lunghe del solito, approfittando della disponibilità di qualche giorno di ferie in più rispetto ad altre, meno fortunate, annate.
E una volta a New York, per di più sotto Natale, l’appuntamento immancabile – oltre a quello con i mercatini di Bryant Park, con l’albero luccicante del Rockfeller Center, con le piste di pattinaggio, con la Grand Central Holiday Fair, con l’Artists & Fleas at Chelsea Market, con lo Union Square Holiday Market, con il Columbus Circle Holiday Market e chi più ne ha più ne metta – è quello con i templi dello shopping alla newyorkese: Macy’s, Bloomingdale’s, Bergdorf Goodman, Lord & Taylor, Century 21, Saks, Barneys, le vetrine di Tiffany & Co., ma anche negozi come Uniqlo, H&M, Adidas, Swatch e i tanti che si alternano lungo la coloratissima Broadway.

Ed è proprio lì, tra una vetrina e l’altra, sulle scale mobili dei grandi magazzini, sui marciapiedi che corrono lungo la Fifth Avenue, che si viene facilmente colpiti dal richiamo della lingua patria. Sono frequenze che si intrecciano a mille altre, ma che un italiano non può non riconoscere. Perché, in fondo, tra connazionali ci si ritrova, sempre, anche al di là dell’Oceano, quasi come tra membri di una grande famiglia separati da tempo. E poi, noi italiani siamo inconfondibili. Un po’ per il modo di vestire – non serve indossare un Gucci o un Valentino per riconoscere il gusto italiano tra mille altri –; un po’ per il nostro modo di gesticolare, che tutto il mondo ci “invidia”, un po’, certo, per la musicalità della nostra lingua madre (e pure, a volte, per il tono di voce un po’ sopra le righe).
Ed è proprio grazie a queste caratteristiche che, nel mio giro di shopping natalizio newyorkese, ho potuto individuare facilmente i miei connazionali. Due donne da Uniqlo, a pochi passi dall’ingresso del grande magazzino, parlavano animatamente del proprio lavoro nel reparto giacconi invernali: dai loro discorsi, però, ho intuito che non erano turiste, ma vere e proprie “expat”, che a New York vivono già da un bel po’. Da Macy’s, mi sono imbattuta in una giovane coppia appena sposata, intenta a studiare i maglioncini della Polo-Ralph Lauren (che “in Italia costano molto di più, mentre qui si fanno affari”). Sono arrivati a New York giovedì scorso, si fermeranno per altri dieci giorni e approfitteranno per riportare in Italia il risultato del loro shopping natalizio. Per lei è la prima volta nella Grande Mela, e, quando mi dice che la città è “semplicemente incredibile”, i suoi occhi scintillano più delle lucine di Natale appese a ogni angolo del negozio.
Da Adidas mi imbatto invece in due ragazzi romani di 28 e 29 anni, a New York fino alla sera del 26. Un Natale alternativo, il loro, trascorso tra amici fraterni nella magica “Grande Mela”. Dalla quale porteranno a casa qualche, immancabile regalo per sé e per i tanti parenti che non aspettano altro che un souvenir a stelle e a strisce da sfoggiare con orgoglio (“Siamo partiti con le valigie appositamente vuote”, ironizza uno di loro). Un altro richiamo italiano lungo l’affollatissima Fifht Avenue arriva da una donna, avvolta in un elegante cappotto chiaro, che infila sulla testa del figlio un pesante cappello di lana blu, raccomandandogli di non sfilarselo. A pochi passi da loro, il marito scatta qualche foto al maestoso profilo della St Patrick’s Cathedral che svetta tra i palazzi. La folla mi impedisce di avvicinarmi in tempo, ma noto che con sé hanno diverse borse e pacchetti. Alla faccia della crisi, penso. Perché evidentemente, nonostante le difficoltà, l’altissimo tasso di disoccupazione (soprattutto giovanile) e tutti i problemi che ancora oggi indubbiamente affannano il Belpaese, New York rimane la preferita degli italiani. Soprattutto a Natale.