“Dopo tanti anni il ricordo è indelebile non solo per me ma anche per chi ricorda quella mia vittoria. La gente ancora oggi mi riconosce, significa che è stata davvero una grande impresa. Quando vengo presentata ad atlete africane che oggi vincono questa maratona con tempi simili ai miei, rimangono impressionate”.
“Nel 1998, quando andai allo start ero fermamente decisa: volevo la vittoria, ero arrivata già seconda nel 1996 e terza nel 1997 e venivo dai campionati europei corsi tre mesi prima in cui avevo preso la medaglia di legno per colpa di una brutta influenza. Ero determinata e serena allo stesso tempo: ero disposta a giocarmi il tutto per tutto, non mi sarei accontentata di un altro secondo posto. Fu una battaglia serrata fino a 6 km dall’arrivo con la primatista mondiale, l’atleta Tegla Lourupe, che molti davano per vincente. Entrai in Central Park per prima e per prima tagliai il traguardo. Feci l’ultimo km ridendo come una pazza, ero felicissima, avevo tramutato il mio grande sogno in realtà. Avrei voluto che quegli ultimi metri non finissero mai”.

“Nella maratona non si può mai dire che cosa succederà alla fine essendo una gara durissima e molto lunga, malgrado ciò io posso affermare che per provare a vincere bisogna sentirsi in grado di poterlo fare e bisogna volerlo fortemente. Ma ad alto livello i risultati non sono casuali: oltre alla grande preparazione che dura mesi e mesi di duro allenamento, si studia la strategia di gara, il percorso, le avversarie. Io più che aspettarmi di vincere, volevo vincere o comunque ci volevo provare”.
“Quest’anno per me sarà importante arrivare bene al traguardo. Ho subíto un intervento al ginocchio (dopo una brutta caduta con gli sci) nel mese di febbraio, quindi già il fatto di fare una maratona dopo 7 mesi è tantissimo”.
“Sono laureata in Scienze Motorie con specializzazione in scienza e tecnica delle attività sportive, oltre ad avere il diploma del vecchio ISEF. Sono international travel partner della maratona di NY (cioè porto un gruppo di italiani a correre la maratona ), sono un allenatore di running. Sono sposata ed ho una figlia. Sono uno degli International travel partner che portano gli amatori italiani a correre nella Grande Mela”.
“Ho iniziato a correre a 12 anni a Piazza Navona, nel centro di Roma. Da quella prima volta mi sono innamorata della corsa e non ho mai voluto rinunciare a questo sport. La corsa per me è libertà e grande passione; è parlare a me stessa, è ascoltare me stessa, è immergermi in un mondo tutto mio”.
“Sì, penso che possa avere questo effetto, anche perché il giorno della gara si vedono molte maglie con la scritta “Italia”. Però questo non basta, occorre essere patriottici ed essere orgogliosi del proprio Paese sempre e sopratutto nella vita quotidiana non si può essere patriottici solo per la nazionale di calcio e per la maratona di NY. L’Italia è un Paese meraviglioso; purtroppo abbiamo tanti problemi irrisolti che dividono le persone. Quando vinsi la maratona negli ultimi metri che mi dividevano dalla finish line pensai con emozione: ‘Questa è la vittoria dell’Italia che sa sognare, che ci crede e che lavora duro per centrare l’obiettivo'”.