Pochi immaginano che i problemi di Palermo hanno un cuore antico, che le sue disgrazie siano sì dovute ai cattivi amministratori che si sono alternati nelle sue stanze dei bottoni, disgrazie dovute soprattutto ad una promessa mancata: l’essere ritornata ‘Capitale’, anche se di una quasi-nazione, senza che il suo assetto urbano e le sue strutture di servizio fossero state messe in grado di contenere l’impatto di una conquista tanto gratificante.
Oltre sessant’anni fa furono infatti insediati nella città i centri di potere del governo dell’Isola. Ciò significò uno stravolgimento della modo di vivere della città. A Palermo immigrarono decine di migliaia di nuovi cittadini, portatori di culture e stili di vita diversi, talora perfino fra loro conflittuali. Tutto questo sconvolse i ritmi secolari che avevano regolato la quotidianità cittadina. Fu una scossa per una città che, ancora, non si era confrontata con il futuro: una scossa che avrebbe avuto effetti benefici sol che il soggetto responsabile di questi effetti se ne fosse reso conto.
La Regione siciliana, invece, non solo non se ne rese conto, ma apparve disinteressata alla condizione del territorio nel quale insediava le proprie strutture di comando. Addirittura, si comportò come osservatore esterno, come un ospite. Ed allora la città promossa ‘Capitale’ si è dunque ritrovata, in tutta solitudine, a gestire un carico assolutamente superiore alle proprie possibilità di risposta, con strade inadeguate alla sempre crescente domanda di mobilità, con l’assenza di spazi pubblici in grado di soddisfare un’esagerata presenza umana sul territorio, con servizi assolutamente insufficienti. E, tutto, perché, come scrive l’urbanista Umberto Di Cristina “la Regione ha rinunciato anche a servire se stessa”. Tanto che la Regione siciliana le sue istituzioni non si sono curate di realizzare neppure le strutture fisiche adeguate ed idonee all’allocazione dei propri uffici.
Scrive bene, a questo proposito, lo storico Orazio Cancila, che “la Regione non solo ha speso molto poco per la sua capitale, ma non si è neppure preoccupata dei riflessi negativi che la sua presenza ha comportato per la città, costretta – come se già non bastassero i problemi che da sempre si trascinava – ad assolvere con propri mezzi alle funzioni di centro politico e amministrativo, a servizio di tutti gli abitanti dell’Isola e non dei soli palermitani”.
A nessuno, in tanti anni di Autonomia regionale, soprattutto in quelli di vacche grasse, è venuto in mente di dare vita ad un grande provvedimento, una legge per Palermo, in grado, se non di risolvere, almeno di alleviare i disagi che la presenza delle strutture regionali ha comportato; a nessuno a livello regionale è venuto in mente di dovere riparare ai gravissimi problemi che la Regione aveva creati. Quella legge, per la verità da nessuno, a cominciare dai suoi stessi amministratori, richiesta, potrebbe costituire un segnale forte per riassociare il territorio alle sue istituzioni.
Foto tratta da crewcharter.it