E’ ancora e sempre Sinner, di cuore e di testa. Gira gira, da fuoriclasse qual è riesce a risolvere tutti i problemi ed eccolo qui: Medvedev domato e prima semifinale all’US Open. E’ un traguardo fantastico, considerate le premesse. La tormentata inchiesta doping, il buio e il silenzio dell’attesa, la resistenza, il coraggio di andare avanti malgrado una preparazione precaria. Tanta, troppa roba sul tavolo per poter rimanere sereni. “Sarà una partita tattica, dura dal punto di vista fisico e mentale, ma mi piacciono queste sfide”, aveva anticipato ricordando che Meddy è di casa sull’Artur Ashe Stadium, dove ha vinto il titolo nel 2021. Così è stato, attraverso un percorso fatto di contraddizioni, durato quattro set e poco più di due ore e mezza. Il match matrioska è cominciato con Jannik dominante e il russo costretto in difesa.
Ace da una parte, doppi falli a pioggia dall’altra: lo specchio di un andamento definito. Sciolto e determinato, l’altoatesino ha lasciato correre i colpi senza farsi avvolgere dalla ragnatela del rivale. Il break è arrivato di conseguenza, subito bissato grazie a una collana vincente di otto, nove, dieci, undici punti di fila. Salito 5-1 e preso atto della vampata d’orgoglio del moscovita, il ragazzo rosso ha chiuso in scioltezza: 6-2 e palla al centro dopo 34 minuti.
Pareva l’inizio di una traversata in solitario, senonché il vento è cambiato d’improvviso: è bastato poco per far girare la partita sul lato di bolina. Qualche centimetro di campo guadagnato da Medvedev, la piccola esitazione tattica di Sinner racchiusa in un dubbio: continuare a giocare così o cambiare perché nulla cambi? In quel tempo sospeso il russo è volato via. Non che l’azzurro gli abbia lasciato spazio, anzi: ha avuto palle break in ogni turno di servizio del rivale, senza però riuscire a trasformarle. Daniil è così salito 5-0 e Jan ha messo sulle ferite un cerottino che non poteva bastare a fermare l’emorragia. Il set è finito 6-1, punteggio severissimo oltre l’evidenza. Bugiardo e sincero nello stesso tempo, secondo uno dei paradossi che il tennis riserva.
A quel punto poteva succedere tutto. Prima di stanotte del resto i duellanti s’erano affrontati dodici volte, con un bilancio di 7-5 per Medvedev che s’era preso le prime sei partite. Quindi la cinquina di Sinner. La striscia s’è interrotta due mesi fa a Wimbledon, complice un collasso in campo del Wonder Boy. In mezzo c’era stata la sfida spartiacque di inizio anno a Melbourne, quando Sinner trionfò in rimonta all’Australian Open mettendo nel palmares il suo primo Slam. In sostanza un equilibrio quasi perfetto. Ci si aspettava perciò un terzo set punto a punto, e invece no. Jannik ha reagito alla débacle pestando immediatamente sull’acceleratore, ha variato le velocità, è sceso a rete incitandosi a voce alta. Carico di adrenalina è scappato via lottando e s’è preso un break fondamentale. “Alè, energia”, gli ha gridato dal box il coach Vagnozzi. L’allievo ha ubbidito mettendo in atto il piano B. La svolta strategica è stata un’applicazione sistematica del serve and volley, stessa modalità che nel torneo di Pechino aveva destabilizzato l’avversario. La tattica ha fruttato sontuosi dividendi anche stavolta, accompagnata dal pressing asfissiante da fondo campo. Pim pum pam. Stretto a tenaglia, lo scacchista russo non ha trovato la contromossa: il 6-1 incassato è stato il rovescio esatto del secondo set, una forza fisica uguale e contraria.
Come accade quando c’è da mischiare le carte del mazzo, Medvedev s’è rifugiato nello spogliatoio, mentre Sinner nell’attesa giocherellava con la racchetta. Cinque minuti sono stati sufficienti a riflettere sulle differenze fra i due. Tanto riservato e riflessivo è l’altoatesino, tanto il moscovita ha una personalità eccentrica. Irascibile e istintivo, è un distruttore seriale di racchette. Quando le cose non girano se la prende con l’arbitro e gli spettatori, ma il bersaglio preferito resta il coach francese Gilles Cervara, l’uomo più paziente del pianeta che due anni fa ad Halle abbandonò l’angolo, all’ennesimo pubblico insulto ricevuto. L’uomo però sa essere ironico e spiritoso. Qualche tempo fa ha messo in scena un siparietto con il fisioterapista, chiamato in suo soccorso. Alla domanda su come si sentisse aveva risposto: “Come vuoi che stia, ho appena perso il primo set”. E’ rimasto famoso anche lo scherzo fatto a Rublev, amico fraterno, approcciato al telefono con un eloquente: “Ciao Jannik, tutto bene?”. Per poi replicare all’obiezione dell’altro: “Perdonami, ho sbagliato numero, avete tutti e due i capelli rossi”. Insomma è un tipo imprevedibile, e lo dimostra sul campo.
Lecito perciò chiedersi: che partita ci aspetta adesso? Pronti via, si è capito che nel quarto set sarebbe finalmente andato in onda un testa a testa. Lo show per anime forti è stato un’altalena di emozioni e colpi memorabili, attacchi all’arma bianca e strenue difese. Sotto pressione anche le tifose eccellenti nei rispettivi box: Daria, moglie del russo, e Anna Kalinskaya, moscovita ma girlfriend dell’italiano. Avanti 3-2, Medvedev ha conquistato due palle break però è stato respinto. Con perdite, visto che nel game successivo è stato lui a perdere la battuta. Momento chiave. Il giovanotto della Val Pusteria è scattato avanti, per salire 5-3 con tenacia grazie al rovescio tagliato: una delle variazioni preparate in allenamento, assieme alle discese a rete vincenti in 28 occasioni su 33. In bilico sul filo, Daniil ha annullato un match point accorciando lo svantaggio con un ace. Era però l’anticamera della fine. Duello di dritto a tutto braccio, rovescio lungo di Meddy, prima palla di Jan all’incrocio centrale delle righe. Sono arrivati altri due match point. Il campione italiano ha messo dentro il servizio da sinistra, seguito da un dritto stretto in contropiede: gioco, partita, incontro. Era fatta.
L’attenzione s’è già spostata a venerdì: la semifinale con l’inglese Draper, 23 anni a dicembre e ventesimo nella classifica live, non sarà una scampagnata. “Ci conosciamo bene, siamo amici. Jack sta giocando un tennis eccezionale e finora non ha perso neppure un set”, ha detto il numero uno del mondo ai microfoni, prima di essere assalito dai piccoli cacciatori di autografi. Nella sera di New York brillava la luna e lui ha firmato una bandiera tricolore, posando una mano sulla testa del bambino che la reggeva. Mancava solo che gli dicesse: “Tornando a casa, troverai il tuo fratellino. Fagli una carezza e digli: questa è la carezza di Jannik”. Santo subito, senza pensarci un attimo.