Avanti così. Un super Sinner regola l’ottimo Tommy Paul in tre set e raggiunge Medvedev nei quarti degli US Open, ma almeno per due terzi è stato un match durissimo e palpitante: lo score finale dice 7-6, 7-6, 6-1 e non fa una piega. L’estrema sintesi trascura però di raccontare l’altalena senza respiro sull’Arthur Ashe gremito, con il pubblico a tifare rumorosamente per il giocatore di casa. “Jannik è il miglior colpitore del circuito, se fai partita da fondo con lui non esci vivo. Dovrò inventarmi qualcosa”, aveva anticipato l’americano alla vigilia. Ci ha provato ed è stata immediatamente battaglia.
Specie all’inizio Paul è riuscito a sporcare il gioco mescolando le carte: aggressione coltello fra i denti sul secondo servizio dell’altoatesino, discese in controtempo, palle lente e accelerazioni fulminanti per spezzare il ritmo dello scambio. Tattica efficace in principio, approfittando di una porta girevole nel terzo game. Jannik ha mancato due occasioni di break, per perdere il servizio un attimo dopo: si è così ritrovato 4-1 sotto, con una striscia horror di 11 punti consecutivi subìti. Frastornato, alle corde, il numero uno del mondo non ha perso la calma. Ha recuperato uno dei break, ha accorciato lo svantaggio e ha concluso la rimonta con una mazzata di dritto sulla riga: quattro a quattro. Detta così sembra elementare, invece è roba da fuoriclasse.

Il conseguente sorpasso sul 5-4 è stato il segno che la tempesta tropicale era passata. Lo yankee ha tenuto duro, dopo aver intravisto la meta vicina senza raggiungerla. Ha annullato un set point con un servizio vincente, tenendosi in scia e issandosi al tiebreak. La volata è stata in bilico nei primi sei punti, finché uno schiaffo al volo e un ace di Sinner hanno squarciato l’equilibrio.
Appena il tempo di tirare il fiato e il flipper è proseguito nel secondo set, stavolta però senza il su e giù sulle montagne russe. Ormai libero mentalmente, il ragazzo rosso ha dettato gli scambi pur dovendo sempre inseguire nel punteggio. L’alternanza avrebbe potuto rompersi sul 5 pari, quando ha avuto sulla racchetta la palla del break senza trasformarla. Logico quindi l’epilogo affidato al secondo tiebreak, anche questo vissuto pericolosamente. Il colpo di reni in dirittura ha premiato il favorito per una corta incollatura, sulla scia di un dritto anomalo spettacolare, tirato in diagonale da sinistra a destra.

Il più era fatto. Tommy, numero 14 del ranking e tre titoli in carriera, s’è trovato alle pendici dell’Everest senza bombola d’ossigeno. Ha avuto comunque il merito di continuare a spingere, secondo il copione sperimentato nelle tre precedenti sfide. Ha di certo ripensato al successo di due anni fa a Eastbourne, ma l’erba non è il cemento e il resto del confronto ha avuto poca storia. Inutile il forcing, l’azzurro è filato via liscio fino ai titoli di coda: 6-1, the end. Il prossimo ostacolo si chiama Medvedev, trionfatore a New York tre anni fa, che in precedenza aveva disintegrato il portoghese Nuno Borges lasciandogli la miseria di quattro game. Una dimostrazione di forza, quasi un allenamento per il russo che aspetta il nostro campione convinto di replicare il successo di luglio a Wimbledon. Al termine del suo match ha detto con la solita sincerità: “Guarderò la sfida tra Sinner e Paul fino a tardi. Non importa chi vincerà: sono pronto”.
Lo è anche Jannik, che ha ritrovato i colpi e lo smalto. “Sono soddisfatto perché ho capito dov’era la chiave, ho servito bene e mentalmente sono stato all’altezza. Penso di aver giocato il mio miglior tennis: ora mi preparerò alla battaglia con Daniil”, ha commentato allo scoccare della mezzanotte americana, dopo due ore e 42 minuti di partita. Giusto in tempo per consentire ai tantissimi tifosi svegli davanti alla tivù una buona colazione all’italiana: caffè nero e cornetto alla crema, quel che serve dopo tanto stress.